ITALIA

Analisi. Siamo stati due mesi coi giovani degli oratori: leggete cosa abbiamo scoperto

(Chiara Vitali. Avvenire).

 elefono sempre in mano, sì, ma non per star soli. I ragazzi attivi nelle parrocchie che abbiamo attraversato donano tempo gratis e si assumono responsabilità. Smettiamo di giudicarli e ascoltiamoli. Hanno voglia di una società meno egoista, di adulti senza maschere, di non essere continuamente sottovalutati e svalutati. Sono i quindicenni, sedicenni, diciassettenni che abbiamo incontrato negli ultimi due mesi, impegnati negli oratori estivi di sette parrocchie della diocesi di Milano.

U.S.

Pericoloso ritorno all’antica barbarie. La moderazione come antidoto

(Paola Binetti. Avveniere).

Gli Stati Uniti rappresentano ancora nell’immaginario collettivo un Paese democratico, liberale, in cui a ognuno è permesso di raggiungere le vette del potere economico, politico, sociale sulla base dei suoi meriti. Ciascuno può dimostrare agli altri quanto vale e conquistare il consenso necessario per affermarsi nel campo che desidera. Un Paese meritocratico, dunque, che troppo spesso però ricorre alla violenza per fermare gli avversari. Una contraddizione sorprendente: democratico a parole, invece drammaticamente violento a mano a mano che il potere sembra diventare accessibile.

Angola

Angola, nel regno dei diamanti si muore di fame

La scoperta di giacimenti infiniti non mette al riparo gli oltre 700mila abitanti di Lunda Norte e Sul dall’indigenza. Al contrario sta togliendo terra. Parla l’arcivescovo Imbamba. L’estremo nord-est dell’Angola è ufficialmente il paradiso degli investitori di diamanti. Nonostante il crollo dei prezzi sui mercati internazionali, il business diamantifero resta fiorente. L’anglo-sudafricana De Beers (quella dei bloody diamonds denunciati dalla Ong Global Witness nel 1998) è tornata in auge da alcuni mesi ed investe sia a Lunda Norte che a Lunda Sul, regioni diamantifere per eccellenza. Lo Stato di diritto, però, nel Paese a lungo dilaniato dalla guerra civile non è mai esistito e la povertà continua a mordere. «Com’è vivere a Saurimo? È subire la povertà più assoluta. Noi ci troviamo a circa mille chilometri dal mare, nell’entroterra, tra le miniere di diamanti più redditizie al mondo e la savana. È una zona geologicamente ricchissima e c’è anche tanta acqua». Ma non c’è lavoro e non si coltiva più la terra per via del proliferare delle miniere. A parlare con noi da Lunda Sul è padre José Manuel Imbamba, arcivescovo di Saurimo, cittadina di 80mila abitanti che vive prevalentemente di manioca e patate dolci, non lontano dal confine con la Repubblica democratica del Congo.

Europa

L’arcivescovo Baturi. «L’Europa parli di pace. No alle divisioni tra i cattolici»

Il segretario generale della Cei: l’Europa parli più di pace come chiede il nostro Consiglio dei giovani del Mediterraneo. Sulle riforme serve confronto e visione prospettica. C’è voglia di partecipazione nel mondo cattolico che «ha l’ambizione di cambiare il volto della società», spiega il segretario generale della Cei, l’arcivescovo Giuseppe Baturi. Lo testimoniano i ragazzi del Consiglio dei giovani del Mediterraneo, il “laboratorio di fraternità” voluto dalla Cei che torna a riunirsi a partire da ieri facendo arrivare in Italia da venti Paesi legati al grande mare trentaquattro “under 30” rappresentanti delle Chiese del bacino. E lo dice il “popolo” delle diocesi italiane che ha partecipato alla Settimana sociale di Trieste, a cominciare proprio dai giovani che sono stati fra i protagonisti. «L’amore politico, di cui ha parlato il Papa a Trieste, deriva da una fede che non può essere intimistica – afferma l’arcivescovo di Cagliari -. Per noi, è questione di carità, non di contributo a uno schieramento politico o a un altro. Oggi c’è un deficit di speranza. Ecco perché il nostro stare dentro la realtà ha come compito anche quello di organizzare la speranza. E tutto ciò avviene in forza della nostra adesione al Vangelo. Chi racchiude in schemi politici la ricchezza delle posizioni, a volte anche plurali com’è giusto che siano, del mondo cattolico, è come se sacrificasse il più».

Vaticano

il documento. La “guida” verso il Sinodo: più spazio alle donne nella Chiesa

(Avveniere. Gianni Cardinale).

Il cammino sinodale della Chiesa ha compiuto un nuovo passo in avanti. Avendo sempre come obiettivo «la conversione sinodale della Chiesa in vista della missione». Oggi infatti è stato pubblicato e presentato l’Instrumentun Laboris (IL) che è anzitutto uno strumento di lavoro per i membri della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che si riunirà in ottobre.

Ethiopia

Corno d’Africa, la trappola per un terzo dei profughi del mondo

Guerre e mutamenti climatici, il doppio killer ha provocato 40 milioni di profughi nel Corno d’Africa, in Kenya e in Sudan. Ovvero un terzo degli oltre 120 milioni di profughi globali in quello che secondo l’Unhc/Acnur e è il dodicesimo anno record consecutivo. E in questa fetta d’Africa oscurata, gli aiuti dei donatori internazionali sono insufficienti per affrontare una colossale emergenza alimentare che colpisce soprattutto donne e bambini. Per accendere i riflettori sul dramma in corso e raccogliere fondi necessari a salvare milioni di vite, l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr/Acnur) in prima linea in Sudan e in Corno d’Africa, ha lanciato la campagna “Torniamo a sentire” con la quale chiede a tutti di donare per contribuire a garantire aiuti essenziali per la sopravvivenza, cibo, alloggi di emergenza, acqua potabile e cure mediche a milioni di rifugiati e sfollati.

Italia

Avanza la legge sulla surrogata “reato universale”. Quando il voto in aula?

(Avvenire. Francesco Ognibene).

Ok in Commissione Giustizia al ddl che estende la punibilità a chi commette il reato all’estero. Respinta la proposta leghista di inasprire le pene. La relatrice Campione: tuteliamo donne e bambini. È pronto per andare in aula al Senato il disegno di legge che introduce il reato universale di maternità surrogata. Il voto favorevole della Commissione Giustizia del Senato, nella mattina di mercoledì 3 luglio, con il mandato alla relatrice Susanna Donatella Campione (Fdi) a portare la bozza della norma all’esame dell’assemblea apre la strada all’ultimo miglio di un provvedimento che era stato già varato alla Camera in prima lettura a fine luglio di un anno fa.

Laici responsabili e attivi, amici di tutti: così cambia l’Opus Dei

(Avvenire. Francesco Ognibene).

A Milano per i 50 anni delle Scuole Faes, promosse da genitori legati all’istituzione che vive il carismadi san Josemaría Escrivá, il prelato, Fernando Ocáriz riflette sul percorso di rinnovamento. «Nel 1974 eravamo in tutto sette genitori milanesi che volevano creare per i figli una scuola libera in linea con i loro valori. E oggi, guarda qua…». Mario Viscovi si guarda attorno: un migliaio di persone, tra famiglie, maestre e prof delle , che alla festa per i 50 anni dell’istituzione educativa paritaria hanno incontrato ieri nel cortile della sede che ospita la materna e le due primarie il prelato dell’Opus Dei monsignor Fernando Ocáriz. Perché questa è una delle tante espressioni della laicità appresa dal carisma di san Josemaría Escrivá, che dell’Opera fu l’iniziatore nel 1928. Libertà personale, responsabilità, amicizia, il Vangelo tradotto in una proposta educativa e sociale aperta a tutti. Ocáriz dialoga per quasi un’ora con le famiglie nel cortile della scuola, – domande e risposte sulla fede, la felicità, il valore delle piccole cose, il servizio agli altri, la centralità dei genitori per la scuola, le prove della vita… – dopo aver risposto alle domande di Avvenire.

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Ucraina. Madri e mogli dei prigionieri ucraini dal Papa. «Tornino da noi dalla Russia»

(Avvenire. Giacomo Gambassi).

Il dramma delle famiglie dei soldati del battaglione Azov di Mariupol: la Russia li condanna all’ergastolo per escluderli dagli scambi di prigionieri che sono il solo canale di trattative aperto. «Il Papa è la nostra ultima possibilità». Tetyana Vyshniak, energica madre ucraina, sa che rischia di non rivedere mai più suo figlio Artem. Ventitré anni, maggiore del battaglione Azov che si era immolato a Mariupol per fermare l’avanzata di Mosca all’inizio dell’invasione, è «prigioniero di guerra in Russia da tre anni», spiega. E dallo scorso marzo pende su di lui una condanna a 22 anni di carcere scritta dai magistrati “nemici”. «Un verdetto illegale e contrario alla convenzione di Ginevra», sostiene la donna.

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I lefebvriani prendono le distanze da Viganò, accusato di scisma

(Avvenire. Gianni Cardinale).

L’ex nunzio spiega perché non si difenderà: «Non riconosco l’autorità del Dicastero». E la Fraternità San Pio X in una nota pone dei distinguo rispetto al caso del fondatore, Marcel Lefebvre. L’arcivescovo Carlo Maria Viganò – ex Nunzio negli Stati Uniti dopo aver ricoperto importanti incarichi in Vaticano – non intende difendersi dalle accuse di scisma per il quale è stato convocato dal Dicastero della Dottrina della Fede per un processo penale extragiudiziale. E continua nelle sue accuse alla “chiesa conciliare” e a Papa Francesco. Con toni e argomenti ai quali anche i seguaci dell’arcivescovo Marcel Lefebvre precisano di non voler essere associati. Monsignor Viganò era stato convocato per giovedì pomeriggio negli uffici del Dicastero. Oggi in una nota afferma: «Preciso di non essermi recato in Vaticano, di non avere intenzione di recarmi al Sant’Uffizio il 28 Giugno e di non aver consegnato alcun memoriale o documento a mia difesa al Dicastero, del quale non riconosco l’autorità, né quella del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato».

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Caso Viganò, cos’è lo scisma. E cosa l’eresia

(Avvenire. Riccardo Maccioni ).

La vicenda dell’arcivescovo convocato dalla Dottrina della fede per le sue posizioni anti papa Francesco e anti Vaticano, occasione per riflettere su come la Chiesa affronta i suoi dissidi interni. La vicenda di monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti convocato dal Dicastero per la dottrina della fede perché accusato del delitto di scisma, riporta al centro della cronaca termini riguardanti la vita della Chiesa che magari non tutti conoscono. A cominciare proprio da scisma, parola che deriva dal greco “schisma” e significa divisione. E lo scisma infatti produce fratture, separazioni all’interno della Chiesa. Il Codice di diritto canonico lo definisce al numero 751 come «il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti». Tant’è vero, come riporta lo stesso Viganò sul suo account X, che egli dovrà rispondere di «affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di papa Francesco, rottura della comunione con lui e rifiuto del Concilio Vaticano II».

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La sorpresa. C’è un altro cardinale con l’età “ritoccata”

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(Avvenire. Gianni Cardinale).

Dopo il caso del kenyano John Njue, la cui data di nascita era stata corretta dal 1944 al 1946, tocca ora a Philippe Ouédraogo, del Burkina Faso: sarebbe nato nel 1945, ma a dicembre, non a gennaio. La Santa Sede “accorcia” l’età di un altro cardinale africano. Il sito ufficiale vaticano ha infatti recentemente precisato che il porporato Philippe Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou in Burkina Faso, è nato il 31 dicembre 1945. In passato invece, fino all’ultimo Annuario Pontificio pubblicato ad aprile, la data di nascita indicata era quella del 25 gennaio 1945. Il che vuol dire che il cardinale in questione compirà 80 anni, perdendo il diritto di voto in un eventuale Conclave, non all’inizio ma allo scoccare della fine del prossimo anno. Ouédraogo – arcivescovo di Ouagadougou dal 2009 al 2023 e creato cardinale da Papa Francesco nel 2014 – è il secondo caso di questo genere nel giro di pochi mesi. Proprio in occasione della pubblicazione dell’Annuario Pontificio 2024 era venuto alla luce un caso simile. Riguardante il porporato kenyano John Njue, arcivescovo di Nairobi dal 2007 – quando fu creato cardinale da Benedetto XVI – al 2021. Fino al 2023 Njue veniva segnalato come nato nell’anno 1944. Il che voleva dire che al termine di quest’anno avrebbe superato gli 80 anni e quindi sarebbe uscito dal novero dei porporati elettori in un eventuale Conclave.

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Migranti. Quella strage sulla rotta turca: perché non li abbiamo ascoltati?

(Avvenire. Antonio María Mira).

Gli oltre 65 dispersi nel mare Jonio a 120 miglia dalle coste calabresi erano curdi, iraniani, iracheni, siriani. Fuggivano da guerre (chi parla più di cosa accade in Siria?), violenze, intolleranze, discriminazioni. Cercavano sicurezza, libertà, giustizia. Avrebbero avuto il diritto ad essere accolti: erano rifugiati, profughi. Come prevedono la Costituzione e varie leggi italiane ed europee. Morti quasi in coincidenza con la Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno. Ora al massimo avranno il diritto ad essere sepolti. Magari senza un nome. Ma altri resteranno in mare per sempre. Un mare sempre più cimitero, “mare mortuum” lo ha definito papa Francesco.

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Corte costituzionale. Suicidio assistito: un verdetto per fare chiarezza. Ecco i nodi

(Avvenire. Marcello Palmieri).

Udienza pubblica della Consulta per decidere sulla ìnterpretazione del criterio dei “trattamenti di sostegno vitale” tra le condizioni per la non punibilità dell’aiuto medico al suicidio. È attesa a giorni – secondo alcune indiscrezioni – la decisione della Corte costituzionale su un dei quattro criteri per la depenalizzazione dell’aiuto al suicidio stabiliti con i suoi recenti verdetti in materia.

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Perché la Chiesa parla una lingua «morta»

(Avvenire. Riccardo Maccioni).

Nelle liturgie presiedute dal Papa e nei documenti ufficiali, la Chiesa utilizza il latino. Anche se nelle celebrazioni viene usata abitualmente la lingua dei singoli Paesi, nelle liturgie solenni (per esempio presiedute dal Papa), e nei documenti ufficiali la Chiesa cattolica parla e scrive in latino. Una scelta che ha tra le sue motivazioni proprio il fatto che si tratti di una lingua “morta”, cioè non utilizzata quotidianamente e come tale immodificabile. Una volta imparata sai che non cambierà. Il nuovo episodio di Taccuino celeste, podcast dedicato ai temi della fede, spiega i motivi di questa scelta.

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Francesco: «Benedetto XVI si dimise per umiltà»

(Avvenire).

In un nuovo libro intervista il Pontefice torna sul rapporto tra lui e Joseph Ratzinger e sul “passaggio di testimone” che avvenne fra loro. Benedetto XVI «si sedette a un tavolo, sopra c’erano un grosso scatolone e una cartellina. “Questi sono gli atti dell’inchiesta”. Si riferiva alle conversazioni dei tre cardinali “investigatori” sul caso Vatileaks. C’era di mezzo una vera e propria cricca. C’era chi manovrava, chi raggirava… Tra le vittime ci fu anche l’allora cardinale Pietro Parolin, volevano impedire la sua nomina a segretario di Stato». Così papa Francesco racconta il suo primo incontro con Joseph Ratzinger-Benedetto XVI dopo la sua elezione. Il testo, pubblicato in anteprima dal quotidiano Repubblica è un estratto dal libro Il successore. I miei ricordi di Benedetto XVI, uscito nei mesi scorsi in Spagna (Avvenire ne aveva dato conto prima della pubblicazione , e poi, in un secondo tempo, al momento della pubblicazione in lingua spagnola) e ora in italiano da Marsilio, frutto di tre conversazioni fra il Pontefice argentino e Javier Martínez-Brocal, vaticanista del quotidiano spagnolo ABC, avvenute tra luglio 2023 e gennaio 2024.

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Il segno. Un Papa in uscita per un mondo in crisi: la sedia al G7 è stata una svolta

(Angelo Scelzo. Avvenire).

Un pontefice non assiso su alcun podio, ma seduto fianco a fianco ai “potenti” a parlare con loro. La lezione è in fondo questa: se occorre, la Chiesa è pronta a mettere da parte le proprie abitudini

Ha di certo cambiato la storia dei G7, la presenza di Francesco a Borgo Egnazia, ma forse un po’ anche quella del pontificato. Primo Papa non europeo nel consesso dei cosiddetti Grandi del mondo occidentale. E nel momento di maggior crisi, con due guerre – tra le tante – di portata globale in corso, entrambe al centro di un’incessante predicazione di pace accompagnata dalla più intensa azione diplomatica messa in atto dalla Santa Sede negli ultimi tempi.

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Attraverso i leader Francesco ha incontrato un terzo del Pianeta

(Avvenire. Nello Scavo).

In un solo giorno papa Francesco ha dialogato con i capi di Stato di Paesi che contano oltre 2,3 miliardi di abitanti, quasi un terzo della popolazione della terra. Non tutti in sella, viste le recenti batoste elettorali incassate dal francese Macron, dal tedesco Scholz, fino a all’inglese Sunak e a Biden che si gioca la rielezione. E davanti a ciascuno Francesco ha percorso con le sue parole un atlante delle disuguaglianze lungo due direttrici opposte: la «cultura dell’incontro» come antidoto alla «cultura dello scarto». I colloqui si sono prolungati ben oltre il programma, con il pontefice che dopo alcuni scambi con il presidente turco Erdogan solo in tarda serata ha concluso i bilaterali con il presidente brasiliano Lula e l’americano Biden, dopo avere affrontato le leadership di quattro continenti. E davanti all’Occidente che affronta «l’eclissi del senso dell’umano», il Papa ha ricordato i nuovi rischi di «ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi».

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