(Avvenire. Riccardo Maccioni ).
La vicenda dell’arcivescovo convocato dalla Dottrina della fede per le sue posizioni anti papa Francesco e anti Vaticano, occasione per riflettere su come la Chiesa affronta i suoi dissidi interni. La vicenda di monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti convocato dal Dicastero per la dottrina della fede perché accusato del delitto di scisma, riporta al centro della cronaca termini riguardanti la vita della Chiesa che magari non tutti conoscono. A cominciare proprio da scisma, parola che deriva dal greco “schisma” e significa divisione. E lo scisma infatti produce fratture, separazioni all’interno della Chiesa. Il Codice di diritto canonico lo definisce al numero 751 come «il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti». Tant’è vero, come riporta lo stesso Viganò sul suo account X, che egli dovrà rispondere di «affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di papa Francesco, rottura della comunione con lui e rifiuto del Concilio Vaticano II».