(Avvenire. Giacomo Gambassi).
Il dramma delle famiglie dei soldati del battaglione Azov di Mariupol: la Russia li condanna all’ergastolo per escluderli dagli scambi di prigionieri che sono il solo canale di trattative aperto. «Il Papa è la nostra ultima possibilità». Tetyana Vyshniak, energica madre ucraina, sa che rischia di non rivedere mai più suo figlio Artem. Ventitré anni, maggiore del battaglione Azov che si era immolato a Mariupol per fermare l’avanzata di Mosca all’inizio dell’invasione, è «prigioniero di guerra in Russia da tre anni», spiega. E dallo scorso marzo pende su di lui una condanna a 22 anni di carcere scritta dai magistrati “nemici”. «Un verdetto illegale e contrario alla convenzione di Ginevra», sostiene la donna.