Patriarca d’Occidente: il perché è stato riutilizzato questo titolo del Papa nell’ultimo documento ecumenico

(Andrea Gagliarducci. ACI Stampa).

Era tornato in sordina, senza alcun annuncio né spiegazione, il titolo di Patriarca di Occidente associato al Papa. E la spiegazione della scelta si trova nell’ultimo documento licenziato dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Primato e Sinodalità nei Dialoghi Ecumenici e nelle risposte all’enciclica Ut Unum Sint.

Si tratta di un documento dalla lunga gestazione, una sorta di sommario ragionato di tutti i dibattiti ecumenici e delle varie commissioni e sottocommissioni di dialogo che si sono stabilite e delineate in questi ultimi anni di ecumenismo, e di come il dibattito abbia avuto nuova linfa dall’idea di una forma rinnovata dell’esercizio del Ministero Petrino contenuta nell’enciclica Ut Unum Sint di San Giovanni Paolo II. Ma il documento prevede anche una parte finale, che ne è poi il vero cuore: 30 punti per definire le proposte concrete del dicastero per andare davvero verso questa nuova forma di esercizio del ministero petrino, e quattro raccomandazioni, che vanno dalla ricomprensione ed eventuale riformulazione di alcuni insegnamenti del Concilio Vaticano I.

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Francisco pone sobre la mesa (ecuménica) el (intocable) primado del Papa

(Mateo González Alonso. Vida Nueva).

La recuperación, en el ‘Anuario Pontificio’, del título de “patriarca de occidente” para el Papa suscitó una nueva reflexión sobre los títulos del pontífice. Una propuesta que va más allá en los “diálogos ecuménicos” en el documento del Dicasterio para la Promoción de la Unidad de los Cristianos titulado ‘El obispo de Roma’, un texto de unas 140 páginas en el que se expone “todo el debate ecuménico sobre el servicio del primado en la Iglesia desde el Concilio Vaticano II” ante la constatación del papa Francisco de que “hemos avanzado poco en este sentido”.

En el contexto sinodal, el dicasterio ha propuesto un documento de estudio, nada definitivo, pero aprobado directamente por el papa Francisco en marzo de 2024 tras un trabajo de tres años con diferentes expertos. Partiendo del documento conciliar ‘Ut unum sint’ –“momento crucial” para la conciencia ecuménica– se analizan la problemática generada en torno al primado papal en sintonía con temas como los dogmas del primado de jurisdicción universal y de la infalibilidad de cara a una propuesta concreta “Hacia un ejercicio del primado en el siglo XXI” para “un ejercicio renovado del ministerio de unidad del Obispo de Roma reconocido por unos y otros”.

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Papa Francesco in Campidoglio: “Roma riscopra il suo carattere universale”

(Marco Mancini. ACI Stampa).

“Nel ritornare a farvi visita, provo sentimenti di gratitudine e di letizia. Vengo a incontrare l’intera città, che pressoché dalla sua nascita ha avuto una chiara e costante vocazione di universalità. Per i fedeli cristiani questo ruolo non è stato frutto del caso, ma è corrisposto a un disegno provvidenziale”. Con queste parole Papa Francesco ha aperto il suo discorso per la visita in Campidoglio, la seconda dall’inizio del suo pontificato.

L’arrivo del Cristianesimo a Roma – ha ricordato il Pontefice – ha “permeato e trasformato la vita delle persone e delle stesse istituzioni. Alle persone avrebbe offerto una speranza ben più radicale e inaudita; alle istituzioni la possibilità di evolvere a uno stadio più elevato, abbandonando a poco a poco un istituto come quello della schiavitù, che anche a tante menti colte e a cuori sensibili era parso come un dato naturale e scontato, per nulla suscettibile di essere abolito. Questo della schiavitù è un esempio molto significativo del fatto che anche raffinate civiltà possono presentare elementi culturali così radicati nella mentalità delle persone e dell’intera società da non essere più avvertiti come contrari alla dignità dell’essere umano”.

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El jefe de la Presidencia de Zelenski agradece la mediación del Papa

(Victoria Isabel C. Alfa y Omega).

La diplomacia de la Santa Sede está trabajando con absoluto secreto en la «misión» que en mayo del año pasado le encomendó oficialmente el Papa al cardenal italiano Matteo Zuppi para promover la paz entre Rusia y Ucrania. Pero no es el único cometido del también presidente de la Conferencia Episcopal Italiana. Zuppi ha tenido todos estos meses un papel clave en las gestiones en Rusia para repatriar a Ucrania a los niños deportados ilegalmente hacia territorio ruso desde el inicio de la guerra, cuando las autoridades ucranianas comenzaron a detectar la extraña desaparición de menores sobre todo en los territorios ocupados por el Ejército ruso.  

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Diplomazia pontificia, Yermak da Papa Francesco la questione della libertà religiosa

(Andrea Gagliarducci. ACI Stampa).

 Una visita lampo di Andryi Yermak, capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky, ha caratterizzato la giornata di Papa Francesco, che lo ha ricevuto l’8 giugno. Yermak, in Italia per colloqui di governo come parte di un tour europeo che lo ha visto anche in Francia a preparare il prossimo summit per la pace, ha anche incontrato, alle due di notte, il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e ha avuto anche un bilaterale con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Sul tavolo, anche la “formula di pace” ucraina e la conferenza per la pace in Ucraina in programma in Svizzera tra due settimane, che si svolgerà senza la presenza di Cina e Russia, rendendola di fatto meno efficace di quello che potrebbe essere.

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Una colosal estatua de Cristo de 10 metros coronará la Ciudad Vieja de Jerusalén

(Alex Navajas. El Debate).

Jerusalén contará pronto con un nuevo atractivo turístico y religioso: una estatua en acero y bronce de 4,4 toneladas y 10 metros de altura que representará a Cristo resucitado. Se trata de un regalo de la diócesis italiana de Verona a Jerusalén, y se ubicará en la parte más alta de la Ciudad Vieja.

Fray Ibrahim Faltas, OFM, vicario de la Custodia de Tierra Santa, ha explicado que «esta estatua se ha realizado con un material que refleja los rayos del sol y refleja la belleza del cielo y de la naturaleza». «Su color cambia dependiendo de los rayos del sol. La ves de un determinado color por la mañana, de otro color por la tarde y por la noche de otro color», añade.

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El Arzobispado de Barcelona admite abusos y encubrimiento en la ‘red de pederastia’ de la parroquia de San Félix Africano

(Jesús Bastante. Religión Digital).

¿Hubo una ‘red de pederastia’ en la parroquia de San Félix Africano? Tres días depués de que El País publicara que un cura abusó de varios monaguillos de la parroquia en los años setenta, en un caso conocido, aunque no denunciado, por el vicario parroquial de aquellos años, el Arzobispado de Barcelona ha emitido un comunicado en el que admite la existencia de dichos abusos, así como del “encubrimiento”, y las medidas adoptadas en los últimos meses.

Así, la diócesis admite los abusos de mosén Josep Marimé, párroco de San Félix Africano en los 70, y fallecido en 2010, denunciados por Aurelio Álvarez, a quien reconoce como “víctima de abusos sexuales” y sufraga “el coste íntegro del tratamiento” psicológico.

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IL PAPA: «CHE GLI AIUTI UMANITARI ARRIVINO A GAZA»

(Annachiara Valle. Familiglia Cristiana).

Preoccupato per la situazione umanitaria a Gaza, che precipita di giorno in giorno. Papa Francesco ringrazia al Giordania e i Paesi che lunedì dieci si troveranno per occuparsi proprio di questo. E, dice il Pontefice, «mentre ringrazio per questa importante iniziativa incoraggio la comunità internazionale ad agire urgentemente per soccorrere la popolazione di Gaza stremata dalla guerra» e spinge perché arrivino «gli aiuti umanitari. Devono arrivare e nessuno lo può impedire». Ricordando i dieci anni dalla preghiera per la pace con «il compianto Simon Peres» e con Abu Mazen, sottolinea che «quell’incontro testimonia che stringersi la mano è possibile e che per fare la pace ci vuole molto più coraggio che per fare la guerra» e incoraggia perché «le proposte di pace per il cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi siano accettate». Non dimentica neppure la martoriata popolazione ucraina, salutando quanti in piazza san Pietro hanno portato le bandiere gialle e azzurre, il Myanmar e gli altri Paesi in guerra. «È un desiderio, questo della pace, perciò incoraggio tutti gli sforzi perché la pace possa costruirsi quanto prima», dichiara.

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What a gay Catholic family therapist wants the church to know

(Outreach. Brian T. Gillis).

In many respects, broader acceptance of LGBTQ people in our society has advanced at light speed over the past few years. But when it comes to communities of faith, the path to making LGBTQ people feel welcome remains uncharted territory. 

As a family therapist serving LGBTQ young people in Alabama, I have heard countless stories of both negative and positive responses to the disclosure of queer and trans identities. It strikes me that stories of parental rejection so frequently mention faith: “My parents are religious, so it wasn’t okay when I came out.” What saddens me about this type of story is the automatic assumption that religiosity requires rejection! 

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‘Plan renove’ del papa Francisco para los diáconos permanentes: “No son  curas de segunda clase”

(José Beltrán. Vida Nueva).

El papa Francisco quiere que el diaconado permanente recupere sus raíces y se desvista de toda adherencia clerical. Al menos, así se desprende de la reflexión que compartió ayer en voz alta ante los participantes en la Asamblea Plenaria del Dicasterio para el Clero, a quienes recibió ayer en audiencia en la Sala Clementina del Palacio Apostólico.

En el discurso que tenía programado, recordó cómo el diaconado permanente fue reintroducido por el Concilio Vaticano II, pero admitió que “ha tenido una acogida muy variada”. “Todavía hoy cuestionamos a menudo la identidad específica del diaconado permanente”, añadió. Es más, se refirió a algunas de las propuestas que nacieron de la primera vuelta del Sínodo de la Sinodalidad, que incluía apostar “más decididamente la diaconía de la caridad y el servicio a los pobres”.

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THE GOD DEBATE: Richard Dawkins vs Ayaan Hirsi Ali

(Un-Her)

At the UnHerd-sponsored Dissident Dialogues Festival in New York, Richard Dawkins and Ayaan Hirsi Ali discussed her recent conversion to Christianity, and whether the whole ‘New Atheism’ movement of which they had both been key members had done more harm than good.

Freddie Sayers
Ayaan, I think we have to start with the extraordinary few months you’ve just had. For those people who haven’t been following it, tell us the story. How did such a famous atheist, someone who had rejected religion, come to call herself a Christian?

Ayaan Hirsi Ali
I didn’t, like many people who come to faith, see big banging lights. And I didn’t have any of those spectacular experiences that some people share. I wish I did, but I didn’t. I had a personal crisis. I lived for about a decade with intense depression and anxiety and self-loathing. I hit rock bottom, I went to a place where I actually didn’t want to live anymore, but wasn’t brave enough to take my own life. So I was self medicating. I had over a long period of time seen a psychiatrist, other  doctors. I was trying to understand my condition and trying to treat it with the help of pure evidence-based science. And in January, February of last year, I saw one therapist who said, perhaps it’s something else that you have. And she described it as spiritual bankruptcy. And that resonated with me. And having reached a place where I had absolutely nothing to lose, I prayed and I prayed desperately. And for me, that was a turning point. And what happened after that is a miracle in its own right. I feel connected to something higher and greater than myself, I feel I… my zest for life is back. And that and that experience has filled me with humility, I have to say it and it is something that’s very subjective, it’s extremely difficult to explain. I’m trying to work to get into the details, the granular details of how I got there in a book, but that is a short book. That’s the shortest story that I can tell.

Richard Dawkins
Ayaan, that’s a moving personal story. But to call yourself a Christian is a bit different. A Christian has to believe in something. You go to church now and listen to the vicar. Do you notice what a lot of nonsense he talks? I mean, do you really take it seriously that Jesus is the Son of God? That Jesus rose from the dead? Jesus was born of a virgin? That is a part of Christianity.

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Judíos, cristianos y musulmanes marchan por la paz en Jerusalén

(Vida nueva. Elena Magariños)

Encontrar una estampa así en Jerusalén en medio de la situación actual de guerra entre Israel y Palestina, solo es motivo de esperanza. Y, sobre todo, una demostración de que Jerusalén puede ser ese crisol de culturas y de fe que la humanidad ansía. Ayer, 3 de junio, unas 300 personas participaron en una marcha interreligiosa por los derechos humanos y la paz en Jerusalén.

“Mira a tu alrededor y di ‘shalom’ a personas que no conoces”, decía, tal como recoge La Croix, Piotr Zelensky, vicario del Patriarcado Latino de Jerusalén, ante los centenares de personas congregadas en la Plaza Sión. A su saludo le siguió la oración del Padre Nuestro en hebreo, justo antes de que un jeque druso tomase el relevo con una oración en árabe.

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Misa de récord en Uganda: millones de personas en el Día de los Mártires

(Alex Navajas. El Debate).

Juan Pablo II solía repetir que Hispanoamérica era el «continente de la esperanza» para la Iglesia católica. Sin desmerecer esa apreciación, África también pugna por ese título. Si en 1900 el número de católicos en el continente negro era de tan solo 2 millones de personas, un siglo más tarde la cifra rondaba los 236 millones de fieles. Parte de este espectacular incremento se debe al testimonio de los mártires, como el de san Carlos Lwanga y 24 jóvenes conversos al cristianismo, que fueron martirizados en 1886 en Namugongo por orden del rey Mwanga.

Sobre la tierra que fue regada con su sangre se construyó posteriormente el santuario de los Mártires de Uganda, donde cada 3 de junio se celebra una multitudinaria misa desde hace 60 años por el Día de los Mártires. Este año, millones de personas –el National Catholic Register habla de una asistencia cercana a los cuatro millones– han vuelto a darse cita en la explanada para honrar su memoria. El propio presidente ugandés, Yoweri Museveni, quiso estar presente en la eucaristía que celebró el arzobispo de Gulu, monseñor Raphael p’Mony Wokorach.

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¿Por qué un grupo de campesinos e indígenas se tomó la Nunciatura Apostólica como “refugio humanitario”?

(El Colombiano. Juan Pablo Patiño).

Un grupo de indígenas, campesinos y afros se tomaron la sede de la Nunciatura Apostólica de Bogotá como “refugio humanitario”. Los manifestantes adelantan una protesta en la capital desde la mañana de este martes 4 de junio por lo que han denominado como una incursión del paramilitarismo en sus territorios.

“Estamos aquí para denunciar la arremetida paramilitar y genocida en contra de las comunidades en nuestros territorios. (…) Estaremos en carreteras y en varias ciudades del país, particularmente en Bogotá y haremos una visita al Ministerio del Interior para presentar un pliego de peticiones y proceder a la negociación del mismo”, señaló el Congreso de los Pueblos en un comunicado.

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Indígenas encapuchados se tomaron la entrada de la Nunciatura Apostólica, en Bogotá

(Semana).

En la mañana de este martes 4 de junio, aproximadamente 50 indígenas, divididos en dos grupos y quienes son integrantes del ‘Congreso de los pueblos’ se tomaron tanto la entrada del Ministerio del Interior en el centro de Bogotá, como la entrada de Nunciatura Apostólica en la localidad de Teusaquillo.

Inicialmente, un grupo de integrantes del Congreso de los Pueblos arribó al Ministerio del Interior desde las primeras horas de la mañana para realizar un platón y manifestarle al Gobierno de Gustavo Petro su descontento con la crisis humanitaria de los territorios.

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Un pueblo aislado del Amazonas se conectó a internet y cambió su vida

(The New York Times. Jack Nicas).

Conforme los discursos se alargaban, los ojos se empezaron a desviar hacia las pantallas. Los adolescentes navegaban por Instagram. Un hombre enviaba un mensaje de texto a su novia. Y un grupo de hombres se aglomeraban alrededor de un teléfono que mostraba un partido de fútbol mientras la primera líder mujer del grupo hablaba.

En cualquier otro lugar, una escena como esta sería usual. Pero la escena transcurría en una aldea indígena remota en una de las regiones más aisladas del planeta.

Durante mucho tiempo, el pueblo marubo ha vivido en chozas comunitarias desperdigadas por cientos de kilómetros a lo largo del río Ituí, en el corazón de la selva amazónica. Hablan en su propia lengua, consumen ayahuasca para conectarse con los espíritus de la selva y capturan monos araña para hacerlos sopa o conservarlos como mascotas.

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Catholic Archbishop Recounts Stories of Ugandan Martyrs “who abandoned the way of idolatry”

(Jude Atemanke. ACI Africa).

Archbishop-elect Raphael p’Mony Wokorach of Catholic Archdiocese of Gulu in Uganda has described the story of the Ugandan Martyrs as that of “those who abandoned the way of idolatry.”

In his homily during this year’s Martyrs’ Day Pilgrimage, Bishop Wokorach said, “Celebrating on this Holy Ground of Namugongo where 13 of them were martyred is significant for us. It refreshes our way of being Christians.”

“The story of the Uganda martyrs, St. Charles Lwanga and his companions is a story of those who trust in the Lord. It is a story of those who choose the way of the Lord. It is a story of those who abandoned the way of idolatry,” the Ugandan Catholic Archbishop-elect said.

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Pope to LGBT Catholics: ‘God is Father who does not disown any of his children’

(Vatican News. Linda Bordoni).

“God’s style is closeness, mercy and tenderness” Pope Francis said answering three questions put to him by Jesuit Father James Martin who ministers to LGBT Catholics.

On 5 May Father Martin had written to the Pope in Spanish asking him to answer some questions that he is most commonly asked by LGBT Catholics and their families.

He received a hand-written response a couple of days afterward, that was published in the form of a short interview on Father Martin’s website “Outreach”.

“With respect to your questions,” the Pope wrote, “a very simple response occurs to me.”

Outreach: What would you say is the most important thing for LGBT people to know about God?

Pope Francis: God is Father and he does not disown any of his children. And “the style” of God is “closeness, mercy and tenderness.” Along this path you will find God.

Outreach: What would you like LGBT people to know about the Church?

Pope Francis: I would like for them to read the book of the Acts of the Apostles. There they will find the image of the living Church.

Outreach: What do you say to an LGBT Catholic who has experienced rejection from the Church?

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Il Papa si scusa, ma le sue parole hanno avuto un impatto devastante: perché questo scivolone?

(Marco Politi. El Fatto Quotidiano).

Un Papa non parla come una vignetta di Charlie Hebdo. L’asciutto commento di un fedele d’Oltralpe esprime icasticamente lo sconcerto e la repulsione che hanno preso alla sprovvista l’opinione pubblica di fronte alla battuta di Francesco sul tema dell’accoglienza degli omosessuali in seminario. Buttare là, senza pensare, il termine “frociaggine” rischia di essere un colpo durissimo al prestigio di Jorge Mario Bergoglio. Un pontefice non parla così. Né in pubblico né in privato. Qualunque sia la sua visione. Che sia conservatore o moderato o riformatore.

E’ specialmente la stampa internazionale a rimanere allibita. E lo si coglie dalle parole attentamente soppesate per descrivere l’episodio. Scrive il giornale francese Figaro, moderato, che il pontefice ha impiegato un termine considerato in Italia “volgare e insultante”. Scrive l’inglese Guardian che a quanto si apprende il pontefice ha usato un “epiteto offensivo e calunnioso”. Religioso o non religioso, l’ambiente mediatico internazionale, in fondo, continua a guardare nonostante tutto al Vaticano come ad una “santa sede”, un trono dove siede un sovrano erede di una antica e venerata tradizione.

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El papa Francisco pide perdón a cuenta del “mariconeo en ciertos seminarios”: “En la Iglesia cabemos todos”

(Vida Nueva. Rubén Cruz).

“El Papa nunca tuvo la intención de ofender o expresarse en términos homófobos y pide disculpas a quienes se sintieron ofendidos por el uso de un término referido por otra persona”. De esta manera ha respondido esta tarde el Vaticano a las palabras virales de Francisco con las que invitaba a los obispos italianos a no aceptar en los seminarios a candidatos gais porque ya hay “demasiado ‘mariconeo’ en algunos”.

En el comunicado lanzado por la Sala de Prensa de la Santa Sede se detalla que Jorge Mario Bergoglio está al tanto de las noticias publicadas sobre su reunión, a puerta cerrada, con los obispos de la Conferencia Episcopal Italiana. Por ello, repite una vez más que “¡en la Iglesia hay lugar para todos, para todos! Nadie sobra, hay sitio para todos. Tal como somos, todos nosotros”.

La realidad es que La Repubblica adelantaba ayer el comentario del Pontífice en la reunión mantenida el 20 de mayo cuyo contenido no suele trascender a menos que alguno de los presentes dé detalles de los mismos.

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