Dallo scisma di Lefebvre al caso Viganò. Un nuovo incendio rischia di divampare nella chiesa

(Domani. JUAN MARÍA VIAN).

Lo scisma lefebvriano è molto più grave e drammatico. Dopo la morte dell’arcivescovo francese la tensione si è stemperata e non pochi tradizionalisti sono rientrati nella chiesa cattolica. Ma il fuoco non è spento e il caso del prelato italiano – sullo sfondo dello scontro sulla liturgia – rischia di far divampare nuovamente l’incendio. Scaduto il 28 giugno il termine per difendersi di persona o attraverso uno scritto, nei prossimi giorni l’arcivescovo Carlo Maria Viganò sarà giudicato in Vaticano dal Dicastero per la dottrina della fede, l’antico Sant’Uffizio. Per un’accusa molto grave: quella di scisma. È stato lo stesso prelato a pubblicare il decreto curiale proprio nel giorno della convocazione in Vaticano, il 20 giugno, e a rifiutare con asprezza un processo che ritiene dall’esito scontato.

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Rifiutando la Chiesa visibile Viganò si scomunica da solo

(La Nuova Bussola. Luisella Scrosati).

Nel suo J’accuse l’ex nunzio apostolico disconosce l’autorità del Papa e quindi l’attuale gerarchia che (per quanto malmessa) è la sola esistente, trascinando centinaia di persone in uno scisma che egli stesso rivendica. Com’era prevedibile, dopo la convocazione di Mons. Carlo Maria Viganò da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede, l’ex-Nunzio ha risposto con un pesante J’accuse, evocando il noto J’accuse le Concile che Mons. Marcel Lefebvre scrisse nel 1976. Viganò ha esordito con un’affermazione che lo pone automaticamente al di fuori della Chiesa cattolica, a prescindere dalla sentenza che potrà venire dalla Santa Sede: «non riconosco l’autorità né del tribunale che pretende di giudicarmi, né del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato». Il che significa la sua volontà di non essere in comunione con la Chiesa cattolica, nella sua attuale gerarchia. Che per quanto malmessa, per quanto comprensiva di persone obiettivamente non all’altezza e probabilmente anche indegne, rimane l’unica gerarchia esistente. E senza la gerarchia non si dà la Chiesa, almeno per come l’ha fondata Gesù Cristo.

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Las monjas cismáticas cambian a Pablo Rojas por el exnuncio Viganò, opositor al Papa

(Julio César Rico. Burgos conecta).

Las bases del manifiesto del que fuera nuncio en Estados Unidos hablan de la acción «clandestina» de la Iglesia desde el Vaticano II y de tramas de sectas masónicas en el papado de Francisco

Las monjas excomulgadas han cambiado de obispo; echaron del convento al estrafalario Pablo Rojas y a su monaguillo, Francisco José Ceacero, y se han unido a la causa del arzobispo Carlo María Viganò, que fue nuncio del Vaticano en Estados Unidos y que acusa al Papa Francisco de «hereje y cismático» y pide que sea relevado. El prelado italiano se enfrenta también a la excomunión.

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I lefebvriani prendono le distanze da Viganò, accusato di scisma

(Avvenire. Gianni Cardinale).

L’ex nunzio spiega perché non si difenderà: «Non riconosco l’autorità del Dicastero». E la Fraternità San Pio X in una nota pone dei distinguo rispetto al caso del fondatore, Marcel Lefebvre. L’arcivescovo Carlo Maria Viganò – ex Nunzio negli Stati Uniti dopo aver ricoperto importanti incarichi in Vaticano – non intende difendersi dalle accuse di scisma per il quale è stato convocato dal Dicastero della Dottrina della Fede per un processo penale extragiudiziale. E continua nelle sue accuse alla “chiesa conciliare” e a Papa Francesco. Con toni e argomenti ai quali anche i seguaci dell’arcivescovo Marcel Lefebvre precisano di non voler essere associati. Monsignor Viganò era stato convocato per giovedì pomeriggio negli uffici del Dicastero. Oggi in una nota afferma: «Preciso di non essermi recato in Vaticano, di non avere intenzione di recarmi al Sant’Uffizio il 28 Giugno e di non aver consegnato alcun memoriale o documento a mia difesa al Dicastero, del quale non riconosco l’autorità, né quella del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato».

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Quattro considerazioni di Aurelio Porfiri sul caso di Mons. Carlo Maria Viganò. Il comunicato dell’arcivescovo in risposta a “America”

(Korazym. Vik van Brantegem).

Per completezza di informazione, condividiamo il Comunicato diffuso oggi dall’Arcivescovo Carlo Maria Viganò, preceduta da “quattro considerazioni sul caso di Mons. Carlo Maria Viganò”, una riflessione di Aurelio Porfiri che è stata pubblicata oggi dall’autore sul suo sito Traditio, per conoscere tutto su tradizione e tradizionalismo [QUI]. In molti stiamo seguendo la situazione che coinvolge Mons. Carlo Maria Viganò, arcivescovo italiano a processo da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede con la pesante accusa di scisma. Devo premettere che in passato ho avuto un rapporto molto cordiale con Mons. Viganò di cui ho anche favorito la pubblicazione di alcuni libri. Poi purtroppo, non per mia scelta, il rapporto si è diradato, ma voglio naturalmente conservare quella buona memoria conseguente ai nostri scambi di e mail di qualche anno fa. Quindi le mie considerazioni vogliono essere uno sguardo imparziale sulla situazione che si è venuta a creare.

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Vaticano, delitto di scisma: i casi più noti

(LAPRESSE. Redazione)

Monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, ha più volte criticato l’operato di Papa Francesco. Per questo motivo è accusato di scisma e il dicastero per la Dottrina della Fede ha convocato il 20 giugno l’ex nunzio invitandolo a presentarsi “per prendere nota delle accuse e delle prove” a suo carico. Il delitto di scisma – ossia un chiaro e netto distacco di comunità di fedeli dalla Chiesa cattolica, motivato da divergenze dottrinali o da dissensi con la sua gerarchia – è uno dei tre delitti ‘contra fidem’, insieme a eresia e apostasia. A occuparsi di questi delitti è la Congregazione per la Dottrina della Fede che “a norma dell’art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, giudica, ai sensi dell’art. 2, i delitti contro la fede” e “previo mandato del Romano Pontefice” ha “il diritto di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi, nonché le altre persone fisiche”. In dettaglio, il delitto di scisma viene definito nel diritto canonico come “il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti” (can. 751 CIC). Si tratta dunque di un delitto non contro verità di fede come per l’eresia e l’apostasia, ma il negare il primato Papa o altre cause riguardanti direttamente l’unità della Chiesa cattolica. La pena prevista per questi delitti è la scomunica latae sententiae (a norma del can. 1364 CIC), fermo restando la rimozione dall’ufficio in caso di chierici (can. 194 º1 n.2). Qualunque fedele quindi può essere accusato di scisma. Ma nel caso in cui l’accusa sia rivolta a un religioso, la pena prevista è la scomunica o la dimissione dallo stato clericale.

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Caso Viganò, cos’è lo scisma. E cosa l’eresia

(Avvenire. Riccardo Maccioni ).

La vicenda dell’arcivescovo convocato dalla Dottrina della fede per le sue posizioni anti papa Francesco e anti Vaticano, occasione per riflettere su come la Chiesa affronta i suoi dissidi interni. La vicenda di monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti convocato dal Dicastero per la dottrina della fede perché accusato del delitto di scisma, riporta al centro della cronaca termini riguardanti la vita della Chiesa che magari non tutti conoscono. A cominciare proprio da scisma, parola che deriva dal greco “schisma” e significa divisione. E lo scisma infatti produce fratture, separazioni all’interno della Chiesa. Il Codice di diritto canonico lo definisce al numero 751 come «il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti». Tant’è vero, come riporta lo stesso Viganò sul suo account X, che egli dovrà rispondere di «affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di papa Francesco, rottura della comunione con lui e rifiuto del Concilio Vaticano II».

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