Edith Stein, dottore della Chiesa?

(Courtney Mares. Settimana).

Edith Stein potrebbe essere dichiarata dottore della Chiesa con il titolo di «doctor veritatis», o «dottore della verità», a seguito di una petizione dei Carmelitani Scalzi. Papa Francesco ha ricevuto una richiesta ufficiale dal superiore generale dei Carmelitani Scalzi, p. Miguel Murquez Calle, il 18 aprile in un’udienza privata in Vaticano per riconoscere l’eredità teologica della santa che è stata martirizzata ad Auschwitz.

Se accettata, la Stein, conosciuta anche con il suo nome religioso – santa Teresa Benedetta della Croce –, potrebbe diventare la quinta donna ad essere dichiarata dottore della Chiesa, titolo che riconosce un contributo sostanziale alla teologia e alla vita morale della Chiesa.

Con la petizione, il Dicastero vaticano per le cause dei santi può ufficialmente iniziare il processo richiesto per concedere alla Stein il titolo.

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Israele: una vittoria sotto mentite spoglie?

(Settimana. Francesco Sisci).

In molti Paesi occidentali si stanno diffondendo forti proteste pro-Palestina: è un dato di fatto. Tuttavia, il significato di questo fenomeno è meno chiaro ed evidente. Alcuni sostengono che le proteste indichino un cambiamento nell’opinione pubblica occidentale riguardo a Israele (ufficialmente sostenuto) e Hamas (ufficialmente contrario). In effetti, queste proteste fanno emergere un’ondata di nuovi immigrati provenienti da Paesi musulmani, che sono apertamente anti-israeliani. Esse fanno rivivere i sentimenti antiebraici occidentali, per lungo tempo sopiti e che ora sembrano legittimati dagli “orrendi massacri della popolazione di Gaza” da parte dell’esercito israeliano. Questo aspetto è indubbio, ma forse la situazione è molto più complessa. I manifestanti sono per lo più individui emarginati che farebbero fatica a sopravvivere sotto il governo di Hamas o in molti Paesi musulmani poco tolleranti nei confronti delle manifestazioni antigovernative. Ma sono in sofferenza anche nei Paesi occidentali dove si sentono cittadini di seconda classe e spesso non riescono a integrarsi o a sentirsi a casa. Rappresentano un fenomeno crescente di disorientamento globale. Si tratta di persone che non si sono ambientate nei Paesi ospitanti, ma che starebbero ancora peggio se tornassero in patria. Nel complesso, dimostrano la forza e la resilienza dei Paesi occidentali che li ospitano, che possono tollerarli e dovrebbero sforzarsi di integrarli.

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Sul diaconato alle donne: alcuni nodi del dibattito

(Giuseppe Guglielmi. Settimana).

I thank Settimananews because it constitutes a place for theological discussion without “endorsements”, institutional sponsors, behind-the-scenes recognition. This means that we can go zu den Sachen selbst , to the things themselves!

I too will try to say something starting from the ongoing debate between Massimo Nardello and Andrea Grillo regarding the female diaconate. I am in favor of the female diaconate and without “prejudices” such as: yes, but locking down its conception and its tasks in detail, in order to avoid then moving on to other degrees of the priesthood. I, on the contrary, believe that for now the Church is called to give “this” answer, leaving believers of the future the ability and possibility to discern what will be most appropriate. The Church must and will do so by trying to put procedures in place. I would only add that in this regard Canon Law (who would have thought it under the pontificate of Pope Francis) is becoming the great (not only) guest.

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Sul diaconato alle donne: del buon uso della tradizione

(Severino Dianich. Settimana).

Carissimi Andrea e Massimo,

mi è piaciuto molto il vostro bel litigare, sempre fecondo, quando l’animo è puro.

Caso mai è san Paolo che potrebbe fare obiezione. ma il discorso di Legrand mi sembra incontestabile: le stesse ragioni per cui nella società del suo tempo era bene che nell’assemblea cristiana non si desse parola alla donna, sono le ragioni per cui oggi è doveroso dargliela.

Ne va di mezzo quel che per la Chiesa deve contare più di ogni altra cosa, aprirsi le vie per l’evangelizzazione.

In quanto alla tradizione, forse non c’è altro argomento su cui si sia rivelata così mobile come nel caso della dottrina sull’Ordine.

Basti pensare che nelle prime generazioni il prete non poteva celebrare da sé l’Eucarestia, che poi almeno fino al Niceno II l’ordinatio absoluta fosse ritenuta invalida, che per Trento, almeno secondo molti dei Padri, l’episcopato non era di istituzione divina, che nel decreto dottrinale non compare la predicazione perché verrebbe dalla giurisdizione non dal sacramento, che l’episcopato non è un grado dell’Ordine mentre lo è il suddiaconato, che il Vaticano II ha sic et simpliciter abolito un grado dell’Ordine, appunto, il suddiaconato, e così via.

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«Noi e l’islam», commento a una lettera di Martini

(Settimana News. Mattia Ferrari).

Il volume «Noi e l’islam» (Carabà, Milano 2024) offre un’analisi approfondita e un commento della lettera omonima del card. Carlo Maria Martini firmati da Giuseppe Samir Eid, co-fondatore del Centro Ambrosiano di Dialogo con le Religioni (CADR) voluto dallo stesso Martini. Giuseppe Samir Eid, egiziano di origini siro-libanesi, è un esperto conoscitore della cultura islamica e cristiana e si è occupato a lungo di dialogo interreligioso. È autore di alcune pubblicazioni sul tema, tra cui: L’Islam: Storia, Fede, Cultura (Carabà, 2013); Musulmani e cristiani. I nodi invisibili del dialogo (Carabà, 2012) e Cristiani e musulmani verso il 2000. Una convivenza possibile (Paoline, 1995).

La Lettera

“Noi e l’Islam” è il discorso alla città di Milano che l’allora arcivescovo tenne in Sant’Ambrogio il 6 dicembre del 1990. Il vescovo di Milano sollevava allora il problema dei rapporti con l’Islam in relazione al fenomeno migratorio che cominciava a registrare in Italia l’approdo di un numero crescente di persone musulmane. Con ampiezza e profondità, non soltanto in un’ottica storico-politica, Martini rilevava come il cambiamento sociale allora già visibile – le migrazioni spingevano verso una trasformazione della società in senso pluralista – non poteva essere lasciato all’improvvisazione o a risposte ideologiche (non razionali) o a criteri meramente economici.

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Prima diaconessa ortodossa

(Lorenzo Prezzi. Settimana).

Carissimo don Francesco, sfortunatamente non ho avuto il tempo di studiare e commentare l’interessante articolo sul diaconato. Da noi si celebrava la Settimana Santa.  Ho pensato, però, che, se non l’aveste già fatto, di non fare passare inosservata la notizia della prima ordinazione al diaconato di una donna nella Chiesa ortodossa.

Nella Chiesa ortodossa, specialmente di lingua greca, da tempo si fanno degli studi seri che riguardano il diaconato delle donne. Il prof. emerito di teologia nella Facoltà Teologica di Salonicco, Petros Valiadis ha curato, insieme ad altri, un grosso volume in cui si affronta questo tema con il titolo: Διακόνισσες, χειροτονία των γυναικών και Ορθόδοξη θεολογία, επιμ. Π. Βασιλειάδη-Ε. Αμοιρίδου-Μ. Γκουτζιούδη, εκδόσεις CEMES 12, Θεσσαλονίκη 2016 (Le diaconesse, l’ordinazione delle donne e la teologia ortodossa, ed. P. Vassiliadis-E. Amiridou-M. Goutziudi, CEMES 12, Salonicco 2016).

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Turchia: da chiesa a moschea

(Settimana. Lorenzo Prezzi).

Dopo la trasformazione in moschea di santa Sofia l’agenzia d’informazione statale turca Anadolu annuncia l’avvio del culto islamico anche per la chiesa di san Salvatore in Chora (Istambul). Previsto dapprima nel febbraio scorso si realizzerà in questi giorni con l’intervento del presidente Recep T. Erdogan (qui). L’edificio si colloca nella parte nord-occidentale della città, a breve distanza dalla porta bizantina di Adrianopoli. La chiesa era legata ad un complesso monastico risalente al VI secolo. Modificata e arricchita nei secoli successivi è diventata con il patronato della dinastia dei Paleologi un gioiello di affreschi e mosaici fra il 1305 e il 1320. Dopo la conquista islamica (1453) la chiesa restò al culto cristiano fino al 1511 quando venne trasformata in moschea. Alla fine della seconda guerra mondiale l’edificio che era stato interamente imbiancato fu restaurato da archeologi ed esperti statunitensi e riemersero gli antichi affreschi e mosaici. Le maestranze lavorarono dal 1948 al 1958.

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Chiesa argentina e memoria nazionale

(SETTIMANA. Flavio Lazzarin).

Guerra delle Malvinas. Il 3 aprile scorso, una notizia ignorata dai media egemonici e pescata casualmente in un articolo dell’IHU, Istituto Humanitas, Brasile, mi lascia molto perplesso. Il 2 aprile, anniversario della sconfitta del 1982, giorno dedicato alla memoria dei caduti e dei veterani della guerra delle Malvinas, in una Messa celebrata nella cattedrale di Buenos Aires, sede primaziale d’Argentina, l’arcivescovo Jorge Garcías Cuerva ha affermato, in una commossa e patriottica omelia, che la causa delle Malvinas unisce profondamente tutti gli argentini e che, a dispetto della vittoria britannica, l’arcipelago sarà e dovrà essere per sempre argentino.

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“Dignitas infinita”: meglio testimoni che maestri

(SETTIMANA. Staff Settimana).

Ho letto con attenzione la dichiarazione Dignitas infinita, a firma del Prefetto per la dottrina della fede del 25 marzo 2024. Un testo che ha avuto un lungo iter di elaborazione (dal 2019 al 2024), passando per varie fasi di scrittura: fino alla stesura finale «resa necessaria per andare incontro ad una specifica richiesta del Santo Padre» (Dalla presentazione). La dottrina e la realtà: Da apprezzare lo sguardo allargato alla dignità della persona, offesa negli ambiti personali, di gruppo e di popoli. Sono rimasto colpito dal linguaggio utilizzato e dai destinatari della dichiarazione. Il linguaggio – quasi a confermare lo specifico del Dicastero – è netto, preciso, dottrinale.

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Dignitas… perché infinita?

(Settimana News. Vincenzo Bertolone).

«La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere, insistendo sempre “sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza”».[1] È, questa, una vera dichiarazione programmatica e di metodo, che è dato leggere nell’esordio della dichiarazione Dignitas infinita, pubblicata dal Dicastero vaticano per la dottrina della fede, previa approvazione pontificia.

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Francia: 12.000 battesimi adulti

(Lorenzo Prezzi. Settimana News).

La notte di Pasqua, nelle diocesi francesi, sono stati battezzati 7.135 adulti di cui il 36% fra i 18 e i 25 anni e 5.000 giovani fra gli 11 e i 18 anni. Sono il 31% in più dell’anno scorso e il 120% dei numeri di dieci anni fa. Vengono dalle periferie delle città, ma anche dalle campagne e da tutti i ceti sociali.

Un segnale positivo in un paese interessato da una forte secolarizzazione. Molti indicatori dell’appartenenza e della frequenza sono in rosso. I battesimi dei bambini, ad esempio, sono passati da 400 mila a 200 mila in vent’anni. Per questo, la crescita del battesimo adulto è una sorpresa.

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