Finalmente un pastore vicino al popolo guiderà la Chiesa di Caracas. Il salesiano Castillo al posto dell’intrigante card. Porras

(FarodiRoma. Redazione).

Papa Francesco ha scelto il salesiano Raúl Biord Castillo, un pastore abituato a condividere la sua vita con il popolo, guidandolo, accompagnandolo e consolandolo, per la Chiesa di Caracas. Una diocesi ferita perché ha avuto gli ultimi due vescovi (i cardinali Savino Urosa e Baltazar Porras) con caratteristiche opposte: ecclesiastici intriganti, legati con l’oligarchia locale (le relativamente poche famiglie possidenti) e con esse asserviti agli interessi politici e finanziari degli USA. Un disastro pastorale aggravato da continue ingerenze politiche, come l’iniziativa di invitare alla Conferenza Episcopale lo screditato leader dell’opposizione, il golpista Juan Guaidò, oppure di presentarsi in Vaticano insieme all’inviato di Washington Elliot Abrams, quasi un agguato al segretario di Stato Pietro Parolin. Urosa aveva partecipato al golpe del 2002 contro Chavez, impedito a governare per 47 ore nelle quali il card. Urosa tentò di fargli firmare la rinuncia. A questo porporato sui generis succedette nel 2018 come amministratore apostolico il card. Porras che poi per un anno Appena è stato arcivescovo sede plena. Papa Francesco ora lo ha mandato in pensione (Deo gratias) a tre mesi dall’80 compleanno.

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Di nuovo Pietro Orlandi tira in ballo il card. Poletti, un fedele servitore del Vangelo che davvero non merita questo trattamento

(FarodiRoma. Di redazione).

“Mia sorella Emanuela è stata riconsegnata, ma non alla famiglia. Era coinvolto il cardinale Poletti”, ha accusato nuovamente Pietro Orlandi nell 41 esimo anniversario della scomparsa della sorella Emanuela, sparita il 22 giugno del 1983 nel cuore di Roma, in un sit-in in piazza Cavour. Di nuovo cioè si tira in ballo un ecclesiastico per bene che tanto ha fatto per la Chiesa. “Mia sorella è servita a livello mondiale per portare a termine un ricatto ma una ragazzina, anche se cittadina vaticana, non può essere il solo oggetto del ricatto. Il fatto che sia cittadina vaticana è servito solo a mettere pressione, ma l’oggetto del ricatto è stato presentato prima del rapimento. Lei è stata usata solo a livello mediatico”. “Questi 40 anni ce li ho tutti in testa, c’è chi mi ha accusato di andare in tv per soldi. Sono tutte bugie, non ho mai preso nemmeno un solo euro. La mia ricompensa è poter parlare di Emanuela, non è una cosa assurda o anomala quello che faccio io. Per me è normale non accettare passivamente un’ingiustizia, andrò avanti sempre”.

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I cardinali riflettono con il Papa sul ruolo delle donne nella Chiesa (S.C.)

(FarodiRoma).

Il 17 e 18 giugno si è tenuta la sessione del Consiglio di Cardinali a Casa Santa Marta. Erano presenti, con il Papa, i Cardinali che ne sono parte e il Segretario del Consiglio. Il 17 si è approfondita la riflessione sul ruolo femminile nella Chiesa a partire dalle parole di tre donne. La mattina si è aperta con una introduzione di Suor Linda Pocher, seguita dagli interventi
di Valentina Rotondi, professoressa presso la SUPSI di Lugano e Ricercatrice presso il Dipartimento di Sociologia e il Nuffield College dell’Università di Oxford e al centro NeuroMI dell’Università Bicocca di Milano, e di Donata Horak, Docente di Diritto Canonico presso lo Studio Teologico
Alberoni di Piacenza, affiliato alla Pontificia Università Angelicum.

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Zuppi ai popoli della Terra Santa: “il vostro dolore è il nostro dolore, le vostre lacrime sono le nostre”. Una telefonata con il parroco di Gaza

(FarodiRoma).

Un percorso nelle ferite che ancora sanguinano con tanto dolore. E l’indicazione data dal card. Mattia Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ai 160 fedeli che hanno vissuto con lui uno straordinario viaggio in Terra Santa, tra i Luoghii di Gesù e le devastazioni della guerra. «La comunione inizia nella prossimità, frutto di Colui che si fa prossimo per farci capire chi siamo, prima vittoria sul male che distrugge, divide, allontana, rende incomunicabili, cancella il mio prossimo tanto da renderlo solo un nemico – ha detto Zuppi nel saluto iniziale della Messa nella Basilica del Getsemani, presieduta dal cardinale Pizzaballa -. Il vostro dolore è il nostro dolore, il loro dolore è il nostro, le vostre lacrime sono le nostre. Tutto qui, manifestazione solo di umana e profondissima comunione, premessa per cercare e contemplare, nonostante tutto, quella fraternità frutto dell’unica immagine di Dio che riconosciamo in ogni persona. Non ci possiamo abituare al grido di dolore che giorno e notte sale a Dio, ma anche alle nostre orecchie». Poi, nell’omelia della Messa alla Basilica del Santo Sepolcro, ha ricordato: «Siamo la piccola famiglia di amici di Gesù, che seguono Lui e si misurano con la croce, con il potere terribile del male, dell’odio che acceca la mente, del disprezzo pratico della vita, dei muri innalzati nei cuori. “Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono la guerra” (Ps 119,6): è l’esperienza di tanti credenti travolti da questa pandemia».

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Zuppi: “manca un’iniziativa della comunità internazionale per favorire la pace in Ucraina”. E Prodi: “temo che il dialogo non inizierà prima delle elezioni USA” (I.S.)

(Faro di Roma).

“La pace si deve fare in tre, e quello che manca oggi è proprio la terza parte, la comunità internazionale, che deve cercare e trovare la pace, altrimenti per far finire i conflitti l’unico modo sono le armi”. Lo ha detto il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, intervenuto a “Repubblica delle idee” al suo rientro da Gerusalemme.

“Il Papa ha detto ‘bisogna avere il coraggio di negoziare’ ed è stato interpretato come una resa, ma il negoziato non è mai una resa e ha ragione il Papa a dire che ci vuole coraggio”, ha aggiunto Zuppi che parlando delle polemiche suscitate in queti giorni da prese di posizione del Pontefice ha anche scherzato sull’equivoco nato rispetto alla controversa espressione “frociaggine”. “Non è una parola argentina, qualcuno gliel’ha insegnata, è più romana”, ha osservato.

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Il Papa al G7 dei Bulli. Nello scenario di cartapesta di Borgo Egnazia, Francesco gridò: “il re è nudo” (Chiesa di tutti chiesa dei poveri)

(FarodiRoma).

Ci voleva Papa Francesco per svelare la verità del G7 svoltosi in Puglia e mostrare che il re è nudo, rompendo ogni consuetudine con l’andare a un convegno di Potenti. Nello sfarzoso scenario di Borgo Egnatia, che non è un borgo antico, ma un albergo di lusso edificato sugli scavi archeologici nel comune brindisino di Fasano, è andata in scena una finzione (non solo il borgo era finto), quella di un potere mondiale in capo a sette grandi potenze dell’Occidente (compreso l’orientale Giappone) che credono di avere in mano il mondo e di poterne disporre a proprio piacimento e soprattutto di rappresentarne il vertice di civiltà e di sapienza come se fossero il nuovo Celeste Impero. Invece sono capaci solo di officiare i decrepiti riti della guerra, portata fino alla soglia della guerra mondiale, perché la pace è “indecente” come titola a tutta pagina la Repubblica, e di vegliare sull’agonia di un mondo fuori controllo devastato dalla crisi climatica e ambientale. Un assortimento di debolezze è stato in realtà l’esibizione della potenza dei Grandi: c’era Biden che con gambe malferme e la sfida di Trump in America ha promesso futura sicurezza all’Ucraina per i prossimi dieci anni, di fatto accettando per l’oggi le conquiste russe del Donbass e della Crimea, cosa che quando è chiesta da Putin è definita come una “resa”: ma sono stati l’Ucraina e l’Occidente che hanno voluto che la partita si risolvesse non con il negoziato (come era stato fatto a Istanbul) ma con la guerra, e nella guerra c’è chi vince e chi perde, e la Russia, che doveva essere sconfitta invece l’ha vinta. C’erano Macron e Scholz che a loro volta si erano trovati con le urne piene di voti sovranisti e neo-nazisti di elettori che in Francia e Germania privilegiano gli orrori del passato rispetto alle presunte virtù democratiche dei signori della guerra di oggi. C’era la Meloni che usa le effusioni degli Ospiti estatici di fronte ai paracadutisti che scendono dal cielo con le loro bandiere, per rilanciare il mito dei Premier forti e insindacabili, dimenticando gli esempi in corso di governanti inamovibili e suicidi come Zelensky e Netanyahu. E prova di debolezza è stata anche la generale sottomissione agli interessi geo-strategici degli Stati Uniti, che prendendo Zelensky come mascotte e pifferaio tragico, ansioso com’è di intestarsi la fine del mondo, vogliono giocare la partita della sconfitta della Russia prima e della “competizione strategica” con la Cina poi (ma entro il prossimo decennio).

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Il cardinale Zuppi rilancia lo spirito dei costituenti contro una politica “ridotta a spettacolo emotivo” 

(FarodiRoma. redazione) …

“La democrazia è il filo rosso che ha attraversato la storia del Paese dopo il totalitarismo fascista”. “La visione cristiana ha contribuito, insieme a quella comunista, a quella socialista e a quella liberale, alla straordinaria sintesi della Costituzione” che rappresentava “una alta condivisione di quello che univa”. All’ indomani di elezioni che hanno invece polarizzato i consensi in senso opposto a quell’arco costituzionale che ha indirizzato nei decenni precedenti la politica italiana, il card. Matteo Maria Zuppi, nella lectio magistralis tenuta al Link Campus di Roma e introdotta dal vaticanista Piero Schiavazzi, docente dell’ateneo privato, ha dato voce alle preoccupazioni che un tale risultato ha suscitato nei vescovi italiani, inquieti anche, e forse pure di più, per l’astensionismo che ha toccato il 52 per cento, una quota mai raggiunta. Il dato della scarsa partecipazione al voto “non può che preoccupare”. Non possiamo accettarlo come un dato ineluttabile. Risponde, infatti, a un’esigenza da parte dei cittadini di una maggiore democrazia, “non del contrario” ed è inaccettabile una cultura diffusa che disprezza o considera di poco conto la democrazia rappresentativa, frutto di una politica “ridotto a spettacolo emotivo”, ha sottolineato l’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei nel suo intervento definendolo il sintomo di “una democrazia in difficoltà”. “Non dobbiamo accettare chi disprezza la democrazia rappresentativa”, ha detto ancora Zuppi.

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Zuppi al Getsemani: “gli spiragli di pace diventino pienezza di luce e di speranza”. Pizzaballa e Patton ringraziano i pellegrini bolognesi per il loro coraggio 

(FarodiRoma. redazione).

“Un gesto coraggioso, in un periodo in cui tutti hanno paura a venire. Un pellegrinaggio di solidarietà rivolto non solo ai cristiani locali ma a tutte le popolazioni di Terra Santa, di Israele e Palestina. Spero che questo gesto venga ripetuto anche da altre diocesi perché abbiamo bisogno della presenza dei pellegrini che porta serenità e vita in tante famiglie rimaste senza lavoro”. Il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, ha salutato con queste parole il pellegrinaggio “di comunione e pace in Terra Santa” promosso dall’arcidiocesi di Bologna e guidato dal card. Matteo Maria Zuppi, che è anche presidente della Cei. “Siete coraggiosi, siate coraggiosi”: oggi “la Chiesa di Bologna rappresenta la Chiesa italiana”. “E’ tanto in un periodo in cui l’altro è colui di cui si ha paura. Siate i primi di tanti pellegrini che tornano a visitare la Terra santa martoriata dalla guerra israelo-palestinese.”, li ha ringraziati il patriarca latino. Prima tappa il Getsemani, dove i due cardinali hanno concelebrato con il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton. “Sappiamo che non scoppierà la pace in questo momento – ha detto Pizzaballa prima della liturgia – ma proprio in tempi terribili come l’attuale, dove gli unici segni che vediamo sono quelli della violenza e della guerra, dobbiamo venire qui in solidarietà per dare fiducia e vicinanza. È di questo che abbiamo bisogno adesso sapendo che possiamo contare su tanti amici nel mondo”. “in questi mesi abbiamo sentito il vuoto dei pellegrini, grazie allora per essere venuti. Vi chiedo – ha fatto eco il custode Patton – di farvi promotori dei pellegrinaggi presso le diocesi italiane. Preghiamo e speriamo che la guerra finisca e tornino le condizioni per un pellegrinaggio sereno. Mantenete questa vicinanza e invitate anche altri a venire”.

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Padre Martin e don Guarinelli: Papa Francesco non ha chiuso la porta ai gay ma agli eccessi esibizionistici

(Faro di Roma. S.C.).

Nella mente di Papa Francesco, che ha sempre combattuto le “dogane pastorali” che escludono le persone diverse dalla comunione ecclesiale, l’espressione “frociaggine” non voleva dileggiare l’universo LGBT ma mettere in guardia dal rischio di un’ esibizionismo privo di rispetto per gli altri. Diversi preti di frontiera, gli stessi che nei mesi scorsi avevano spiegato e difeso l’apertura alle benedizioni delle coppie irregolari, hanno cercato senza successo di chiarirlo in questi giorni. Tra loro il gesuita James Martin (con il Papa nella foto), il quale ha detto di aver conosciuto “centinaia” di preti gay nella sua vita da religioso.
“Nei miei venticinque anni come sacerdote e quasi quaranta come gesuita, ho conosciuto centinaia di preti gay santi, fedeli e celibi”, ha scritto padre Martin su X. “Sono stati i miei superiori, i miei insegnanti, i miei confessori, i miei mentori, i miei direttori spirituali e i miei amici”. L’ordine dei gesuiti è noto per avere una percentuale notevolmente elevata di membri omosessuali, il che rende non sorprendente che padre Martin abbia avuto preti gay come superiori, confessori, mentori, insegnanti e direttori spirituali. Per i cattolici, ha continuato padre Martin, i preti gay hanno “celebrato messe per voi, battezzato i vostri figli, ascoltato le vostre confessioni, vi hanno fatto visita negli ospedali, hanno presieduto ai vostri matrimoni e hanno seppellito i vostri genitori. La Chiesa sarebbe incommensurabilmente più povera senza di loro”. Di questo è convinto anche il Papa che, interrogato dal padre gesuita sul tema dei fedeli omosessuali che si sono sentiti rifiutati dalle loro parrocchie, due anni fa ha precisato: “Vorrei che lo riconoscessero non come il rifiuto della Chiesa, ma piuttosto di persone nella Chiesa. Una Chiesa selettiva, di sangue puro, non è la Santa Madre Chiesa, ma piuttosto una setta”.

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Al G7 Papa Francesco “farà un accenno all’applicazione dell’intelligenza artificiale sulle armi”. E parlerà con Biden e gli altri leader. Parolin: la Cei ha diritto di criticare le Riforme

(FarodiRoma. S.C.).

Al G7 del 14 giugno in Puglia, Papa Francesco “farà un accenno all’applicazione dell’intelligenza artificiale sulle armi”. Lo ha anticipato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, a margine della presentazione del libro “Il senso cristiano dell’uomo secondo Reinhold Niebuhr”, tesi di dottorato di don Luigi Giussani, presso la Pontificia Università Gregoriana. Quello che il Papa dirà ai leader saràcertamente in linea con la sua posizione contro la fabbricazione e distribuzione di armi sempre più micidiali: Francesco considera terribile “guadagnare con la morte”, ma “purtroppo oggi gli investimenti che danno più reddito sono le fabbriche delle armi”, come ha ripetuto spesso prendedndo posizione contro l’industria delle armi, che genera guadagni costruendo strumenti di morte. Parolin ha anche confermato che a margine del G7 il Papa potrà avere un incontro faccia a faccia con il presidente statunitense Joe Biden. “Penso di sì, che il Papa dedicherà del tempo ad alcuni incontri bilaterali con presidenti e capi di Stato che glielo hanno chiesto. Quindi immagino che ci sarà anche questo”, ha detto.

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Le guerre e il debito estero massacrano i poveri. Bisogna dire basta. Due interventi di Francesco

(FarodiRoma. Sante Cavalleri).

Una preghiera dedicata “agli uomini che vogliono le guerre, per quanti le scatenano, le alimentano in modo insensato, le prolungano inutilmente e ne traggono cinicamente profitto” affinchè “Dio illumini i loro cuori”, e “ponga dinanzi ai loro occhi il corteo di sventure che provocano”. A elevarla è Papa Francesco a 80 anni dallo Sbarco in Normandia che avvicinò la fine della Seconda Guerra Mondiale. “Volere la pace non è viltà”, ma richiede il coraggio di saper rinunciare a qualcosa, chiarisce il Papa pregando per gli operatori di pace con l’auspicio che “opponendosi alle logiche implacabili e ostinate dello scontro, sappiano aprire cammini pacifici di incontro e di dialogo”. Nel messaggio a mons. Jacques Habert, vescovo di Bayeux, nella cui cattedrale autorità civili, religiose e militari si sono riunite per commemorare lo storico evento che, il 6 giugno 1944, contribuì in modo decisivo alla fine della Seconda Guerra mondiale e al ripristino della pace, Francesco evoca “il disastro rappresentato da quel terribile conflitto mondiale in cui tanti uomini, donne e bambini hanno sofferto, tante famiglie sono state lacerate, tante rovine sono state provocate”. Lo Sbarco fu un evento comunque tragico per le migliaia di vittime di quel giorno, che si aggiungono ai milioni del conflitto voluto da Hitler con la successiva complicità di Mussolini e dell’imperatore del Giappone. Una immensa carneficina che tuttavia nulla ci ha insegnato se siamo nuovamente a contare ogni giorno i morti a Gaza e in Ucraina. Ogni guerra è sbagliata: secondo Francesco “sarebbe inutile e ipocrita ricordarlo senza condannarlo e rifiutarlo definitivamente”, nel nome di quel “Mai più la guerra!” pronunciato da San Paolo VI all’Onu nel 1965.

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Zuppi contro ogni umana evidenza guarda con fiducia al vertice in Svizzera. In Italia posizioni molto distanti 

(FarodiRoma. Di redazione).

Il card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei, nonostante l’evidente gap dovuto all’assenza della Russia e della Cina, guarda ugualmente con speranza all’appuntamento del prossimo 15 e 16 giugno, in Svizzera, nella città di Burgenstock, dove si terrà la conferenza di pace sull’Ucraina, a cui però non parteciperanno Russia e Cina. L’imminente incontro diplomatico sarà un importante “esercizio” per valutare le prospettive e le opportunità di pace tra Ucraina e Russia, ha detto il porporato in un’intervista all’agenzia Tass. Secondo Zuppi, già inviato del Papa per la pace nel Paese in guerra ormai da più di due anni (nella foto il dialogo con Zelensky a Kiev(, ha definito “fondamentale” il contributo che “l’Europa porterà – ha detto – per la risoluzione del conflitto attraverso i negoziati”. “L’Europa unita, nata dopo la Seconda Guerra mondiale e basata sul rifiuto della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti” – ha proseguito il porporato – non deve abbandonare questa visione”. A conclusione dell’intervista Zuppi ha ricordato come le parole del Papa sulla necessità di trattare, possono essere intese solo in maniera univoca: il Pontefice non ha mai negato la responsabilità della guerra, ma ha sottolineato il coraggio della negoziazione, il che non significa “capitolazione, ma deve voler dire una soluzione del conflitto sulla base del diritto e con l’aiuto di tutta la comunità internazionale”.

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“L’Italia non crescerà se non insieme”. I vescovi bocciano gli egoismi del Nord e sulle autonomie ricordano la lezione di don Sturzo che non le voleva “differenziate”(S.C.)

(FarodiRoma. Di redazione).

“Gli sviluppi del sistema delle autonomie è stata uno dei principali contributi dei cattolici alla vita del Paese”. Una visione ereditata da don Luigi Sturzo che appare ancora molto attuale, da riscoprire, affermano i vescovi italiani che in forza di tale patrimonio ideale dei cattolici (che data dunque all’epoca del Partito Popolare, precursore della DC) lanciano un monito chiedendo che sia rivisto il progetto di legge sull’autonomia differenziata, in quanto tale riforma proposta dal Governo, nella sua attuale formulazione, spiegano, “rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica”. “Tale rischio – spiega la nota pubblicata a conclusione dei lavori dell’Assemblea generale dell’Episcopato Italiano – non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi”, sostengono i vescovi italiani, che spiegano: “Da sempre ci sta a cuore il benessere di ogni persona, delle comunità, dell’intero Paese, mentre ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie”.

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Per il card. Zuppi “la Chiesa deve fare i conti con la cultura nel suo insieme”, altrimenti rischia di perdere il contatto con la società (A. Sillioni)

(FarodiRoma. Di redazione).

“Per non perdere vitalità e capacità comunicativa la Chiesa deve fare i conti con la cultura nel suo insieme, prendendo in considerazione tanto le élite intellettuali laiche che la dominante cultura di massa”. Lo ha detto il card. Matteo Maria Zuppi nel suo intervento all’Assembela dell’Episcopato italiano. “Senza rapporti con il mondo della cultura, la Chiesa perde – ha osservato il presidente della Cri – anche il contatto con il mondo sociale, oggi molto più estesamente scolarizzato e acculturato di quanto fosse nella prima metà del secolo scorso”. “Nonostante l’originalità e la determinazione di Papa Francesco”, secondo Zuppi, “dobbiamo chiederci se non pecchiamo di “timidezza” e di mancanza di “fantasia creativa” in ambito culturale. In altri termini, una Chiesa che non sia militanza e immaginazione culturale soffre di una colpevole, grave mancanza e omissione: non rende vivo e attuale il messaggio cristiano. La Chiesa deve aiutare la discussione critica delle ideologie, dei miti, degli stili di vita, dell’etica e dell’estetica dominanti. Se è vero che la Chiesa ha bisogno di cultura, aggiungerei che è anche la cultura ad avere bisogno del punto di vista cristiano”.

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Vergogna! Con i fondi della UE si paga chi ucciderà i migranti per non farli partire

(FarodiRoma. Irina Smirnova).

“Sui migranti l’Unione Europea ha fatto un “totale cambio di passo: investire sulla stabilità del Nord Africa e prevenire le partenze è un primario interesse italiano e finalmente una priorità europea”. A lanciare questo proclama era stata lo scorso luglio la premier Giorgia Meloni, che sul tema rivendicava un “successo italiano”. Un trionfalismo davvero infondato, come dimostra un’inchiesta indipendente (pubblicata tra l’altro da NYT e El Pais che denuncia le pratiche abusive in Tunisia, Marocco e Mauritania, e racconta come le persone finiscano vittime di rapimenti o muoiano in aree remote dell’Africa del Nord. espellere sistematicamente i rifugiati e migranti nel deserto e in aree remote per impedire loro di proseguire i viaggi diretti verso il vecchio continente.

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Diaconato femminile. Papa Francesco potrebbe istituirlo solo se non implicasse il sacramento dell’Ordine

(Faro di Roma).

Papa Francesco potrebbe accettare l’istituzione delle donne diacono solo se tale ministero fosse distinti dal primo grado del sacramento dell’Ordine. «Se si tratta di diaconi con l’Ordine Sacro, no», ha chiarito all’emittente statunitense Cbs.

Infatti, ha spiegato, «le donne hanno sempre avuto la funzione di diaconesse senza essere diaconi. Le donne sono di grande servizio come donne, non come ministri all’interno dell’Ordine Sacro». Per Francesco, insomma, «fare spazio alle donne nella Chiesa non significa dare loro un ministero».

Papa Bergoglio ha istituito due commissioni, la prima nel 2016 e la seconda nel 2020, perché la questione fosse ricostruita dal punto di vista storico e si verificasse se e in che modo esistessero donne diacono nella Chiesa primitiva.

Come è noto la richiesta di donne diacono è stata avanzata dai fedeli di varie parti del mondo, nelle consultazioni che hanno preceduto gli ultimi sinodi. Tanto che la questione, almeno formalmente, è rimasta aperta. Nell’ultimo Sinodo, alla fine di ottobre, i vescovi hanno approvato una relazione finale che diceva, tra l’altro: «Si prosegua la ricerca teologica e pastorale sull’accesso delle donne al diaconato, giovandosi dei risultati delle commissioni appositamente istituite dal Santo Padre e delle ricerche teologiche, storiche ed esegetiche già effettuate. Se possibile, i risultati dovrebbero essere presentati alla prossima Sessione dell’Assemblea».

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“Né anti-palestinese, né antisemita”. Papa Francesco chiarisce: “si può criticare il governo di Israele e il governo palestinese. Ma non essere ‘anti’ un popolo” (S.C.)

(Faro di Roma).

In un colloquio con l’emittente radiotelevisiva statunitense Cbs, Papa Francesco rilancia l’appello ai Paesi in guerra: “Fermatevi e negoziate!”. E in riferimento alla guerra in Israele e a Gaza, ma anche alle proteste nei campus universitari e al crescente antisemitismo, il Pontefice ribadisce che: “Ogni ideologia è cattiva, e l’antisemitismo è un’ideologia, ed è cattiva. Ogni ‘anti’ è sempre cattivo. Si può criticare un governo o un altro, il governo di Israele, il governo palestinese. Si può criticare quanto si vuole, ma non ‘anti’ un popolo. Né anti-palestinese né antisemita”. Francesco invita a èensare ai più piccoli, a cominciare da quelli che soffrono in guerra: Gaza, Ucraina, dove i bambini “hanno dimenticato come si sorride”, osserva il Papa. E proprio pensando a loro il Papa lancia un appello ai Paesi in guerra: “Tutti, fermatevi. Fermate la guerra. Dovete trovare un modo per negoziare la pace. Sforzatevi di raggiungere la pace. Una pace negoziata è sempre meglio di una guerra infinita… Per favore, fermatevi. Negoziate”.

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Papa Francesco sulla crisi dei confini Usa: “le migrazioni fanno crescere un Paese” (Lee Morgan1

(Faro di Roma).

Il Santo Padre è stato intervistato dal canale americano CBS sul delicato tema dell’immigrazione, soggetto topic della campagna elettorale americana. Alla guida dell’intervista: Norah O’Donnell della CBS che per un’ora ha parlato col Santo Padre nella Città del Vaticano mentre un gran numero di madri e bambini in fuga dalla violenza camminavano per “migliaia di miglia” fino al confine americano con le loro famiglie per una vita migliore.

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Card. Pizzaballa: lavorare per favorire negoziati in Medio Oriente, anche se mancano le condizioni per una mediazione vaticana (I.S.)

(Faro di Roma).

“Perdono, verità e giustizia” sono i tre pilastri su cui si dovrà costruire la pace in Medio Oriente e ciò sarà possibile solo con la presa in carico del “dolore” che vivono le due parti impedendo che sfoci solo in “rancore” e “rabbia”. Lo ha affermato il card. Pier Battista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, che ha incontrato i giornalisti a Roma, a margine di una lectio magistralis tenuta alla Pontificia Università Lateranense, nella quale ha descritto da una parte la “crisi crescente degli organismi multilaterali, come ad esempio l’ONU, sempre più impotente e, per molti, ostaggio delle grandi potenze (basti pensare i vari poteri di veto): “la comunità internazionale – ha detto – è sempre più debole, e così i vari altri organismi internazionali”.

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