Laici responsabili e attivi, amici di tutti: così cambia l’Opus Dei

(Avvenire. Francesco Ognibene).

A Milano per i 50 anni delle Scuole Faes, promosse da genitori legati all’istituzione che vive il carismadi san Josemaría Escrivá, il prelato, Fernando Ocáriz riflette sul percorso di rinnovamento. «Nel 1974 eravamo in tutto sette genitori milanesi che volevano creare per i figli una scuola libera in linea con i loro valori. E oggi, guarda qua…». Mario Viscovi si guarda attorno: un migliaio di persone, tra famiglie, maestre e prof delle , che alla festa per i 50 anni dell’istituzione educativa paritaria hanno incontrato ieri nel cortile della sede che ospita la materna e le due primarie il prelato dell’Opus Dei monsignor Fernando Ocáriz. Perché questa è una delle tante espressioni della laicità appresa dal carisma di san Josemaría Escrivá, che dell’Opera fu l’iniziatore nel 1928. Libertà personale, responsabilità, amicizia, il Vangelo tradotto in una proposta educativa e sociale aperta a tutti. Ocáriz dialoga per quasi un’ora con le famiglie nel cortile della scuola, – domande e risposte sulla fede, la felicità, il valore delle piccole cose, il servizio agli altri, la centralità dei genitori per la scuola, le prove della vita… – dopo aver risposto alle domande di Avvenire.

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Ucraina. Madri e mogli dei prigionieri ucraini dal Papa. «Tornino da noi dalla Russia»

(Avvenire. Giacomo Gambassi).

Il dramma delle famiglie dei soldati del battaglione Azov di Mariupol: la Russia li condanna all’ergastolo per escluderli dagli scambi di prigionieri che sono il solo canale di trattative aperto. «Il Papa è la nostra ultima possibilità». Tetyana Vyshniak, energica madre ucraina, sa che rischia di non rivedere mai più suo figlio Artem. Ventitré anni, maggiore del battaglione Azov che si era immolato a Mariupol per fermare l’avanzata di Mosca all’inizio dell’invasione, è «prigioniero di guerra in Russia da tre anni», spiega. E dallo scorso marzo pende su di lui una condanna a 22 anni di carcere scritta dai magistrati “nemici”. «Un verdetto illegale e contrario alla convenzione di Ginevra», sostiene la donna.

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I lefebvriani prendono le distanze da Viganò, accusato di scisma

(Avvenire. Gianni Cardinale).

L’ex nunzio spiega perché non si difenderà: «Non riconosco l’autorità del Dicastero». E la Fraternità San Pio X in una nota pone dei distinguo rispetto al caso del fondatore, Marcel Lefebvre. L’arcivescovo Carlo Maria Viganò – ex Nunzio negli Stati Uniti dopo aver ricoperto importanti incarichi in Vaticano – non intende difendersi dalle accuse di scisma per il quale è stato convocato dal Dicastero della Dottrina della Fede per un processo penale extragiudiziale. E continua nelle sue accuse alla “chiesa conciliare” e a Papa Francesco. Con toni e argomenti ai quali anche i seguaci dell’arcivescovo Marcel Lefebvre precisano di non voler essere associati. Monsignor Viganò era stato convocato per giovedì pomeriggio negli uffici del Dicastero. Oggi in una nota afferma: «Preciso di non essermi recato in Vaticano, di non avere intenzione di recarmi al Sant’Uffizio il 28 Giugno e di non aver consegnato alcun memoriale o documento a mia difesa al Dicastero, del quale non riconosco l’autorità, né quella del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato».

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Caso Viganò, cos’è lo scisma. E cosa l’eresia

(Avvenire. Riccardo Maccioni ).

La vicenda dell’arcivescovo convocato dalla Dottrina della fede per le sue posizioni anti papa Francesco e anti Vaticano, occasione per riflettere su come la Chiesa affronta i suoi dissidi interni. La vicenda di monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti convocato dal Dicastero per la dottrina della fede perché accusato del delitto di scisma, riporta al centro della cronaca termini riguardanti la vita della Chiesa che magari non tutti conoscono. A cominciare proprio da scisma, parola che deriva dal greco “schisma” e significa divisione. E lo scisma infatti produce fratture, separazioni all’interno della Chiesa. Il Codice di diritto canonico lo definisce al numero 751 come «il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti». Tant’è vero, come riporta lo stesso Viganò sul suo account X, che egli dovrà rispondere di «affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di papa Francesco, rottura della comunione con lui e rifiuto del Concilio Vaticano II».

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La sorpresa. C’è un altro cardinale con l’età “ritoccata”

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(Avvenire. Gianni Cardinale).

Dopo il caso del kenyano John Njue, la cui data di nascita era stata corretta dal 1944 al 1946, tocca ora a Philippe Ouédraogo, del Burkina Faso: sarebbe nato nel 1945, ma a dicembre, non a gennaio. La Santa Sede “accorcia” l’età di un altro cardinale africano. Il sito ufficiale vaticano ha infatti recentemente precisato che il porporato Philippe Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou in Burkina Faso, è nato il 31 dicembre 1945. In passato invece, fino all’ultimo Annuario Pontificio pubblicato ad aprile, la data di nascita indicata era quella del 25 gennaio 1945. Il che vuol dire che il cardinale in questione compirà 80 anni, perdendo il diritto di voto in un eventuale Conclave, non all’inizio ma allo scoccare della fine del prossimo anno. Ouédraogo – arcivescovo di Ouagadougou dal 2009 al 2023 e creato cardinale da Papa Francesco nel 2014 – è il secondo caso di questo genere nel giro di pochi mesi. Proprio in occasione della pubblicazione dell’Annuario Pontificio 2024 era venuto alla luce un caso simile. Riguardante il porporato kenyano John Njue, arcivescovo di Nairobi dal 2007 – quando fu creato cardinale da Benedetto XVI – al 2021. Fino al 2023 Njue veniva segnalato come nato nell’anno 1944. Il che voleva dire che al termine di quest’anno avrebbe superato gli 80 anni e quindi sarebbe uscito dal novero dei porporati elettori in un eventuale Conclave.

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Migranti. Quella strage sulla rotta turca: perché non li abbiamo ascoltati?

(Avvenire. Antonio María Mira).

Gli oltre 65 dispersi nel mare Jonio a 120 miglia dalle coste calabresi erano curdi, iraniani, iracheni, siriani. Fuggivano da guerre (chi parla più di cosa accade in Siria?), violenze, intolleranze, discriminazioni. Cercavano sicurezza, libertà, giustizia. Avrebbero avuto il diritto ad essere accolti: erano rifugiati, profughi. Come prevedono la Costituzione e varie leggi italiane ed europee. Morti quasi in coincidenza con la Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno. Ora al massimo avranno il diritto ad essere sepolti. Magari senza un nome. Ma altri resteranno in mare per sempre. Un mare sempre più cimitero, “mare mortuum” lo ha definito papa Francesco.

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Corte costituzionale. Suicidio assistito: un verdetto per fare chiarezza. Ecco i nodi

(Avvenire. Marcello Palmieri).

Udienza pubblica della Consulta per decidere sulla ìnterpretazione del criterio dei “trattamenti di sostegno vitale” tra le condizioni per la non punibilità dell’aiuto medico al suicidio. È attesa a giorni – secondo alcune indiscrezioni – la decisione della Corte costituzionale su un dei quattro criteri per la depenalizzazione dell’aiuto al suicidio stabiliti con i suoi recenti verdetti in materia.

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Perché la Chiesa parla una lingua «morta»

(Avvenire. Riccardo Maccioni).

Nelle liturgie presiedute dal Papa e nei documenti ufficiali, la Chiesa utilizza il latino. Anche se nelle celebrazioni viene usata abitualmente la lingua dei singoli Paesi, nelle liturgie solenni (per esempio presiedute dal Papa), e nei documenti ufficiali la Chiesa cattolica parla e scrive in latino. Una scelta che ha tra le sue motivazioni proprio il fatto che si tratti di una lingua “morta”, cioè non utilizzata quotidianamente e come tale immodificabile. Una volta imparata sai che non cambierà. Il nuovo episodio di Taccuino celeste, podcast dedicato ai temi della fede, spiega i motivi di questa scelta.

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Francesco: «Benedetto XVI si dimise per umiltà»

(Avvenire).

In un nuovo libro intervista il Pontefice torna sul rapporto tra lui e Joseph Ratzinger e sul “passaggio di testimone” che avvenne fra loro. Benedetto XVI «si sedette a un tavolo, sopra c’erano un grosso scatolone e una cartellina. “Questi sono gli atti dell’inchiesta”. Si riferiva alle conversazioni dei tre cardinali “investigatori” sul caso Vatileaks. C’era di mezzo una vera e propria cricca. C’era chi manovrava, chi raggirava… Tra le vittime ci fu anche l’allora cardinale Pietro Parolin, volevano impedire la sua nomina a segretario di Stato». Così papa Francesco racconta il suo primo incontro con Joseph Ratzinger-Benedetto XVI dopo la sua elezione. Il testo, pubblicato in anteprima dal quotidiano Repubblica è un estratto dal libro Il successore. I miei ricordi di Benedetto XVI, uscito nei mesi scorsi in Spagna (Avvenire ne aveva dato conto prima della pubblicazione , e poi, in un secondo tempo, al momento della pubblicazione in lingua spagnola) e ora in italiano da Marsilio, frutto di tre conversazioni fra il Pontefice argentino e Javier Martínez-Brocal, vaticanista del quotidiano spagnolo ABC, avvenute tra luglio 2023 e gennaio 2024.

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Il segno. Un Papa in uscita per un mondo in crisi: la sedia al G7 è stata una svolta

(Angelo Scelzo. Avvenire).

Un pontefice non assiso su alcun podio, ma seduto fianco a fianco ai “potenti” a parlare con loro. La lezione è in fondo questa: se occorre, la Chiesa è pronta a mettere da parte le proprie abitudini

Ha di certo cambiato la storia dei G7, la presenza di Francesco a Borgo Egnazia, ma forse un po’ anche quella del pontificato. Primo Papa non europeo nel consesso dei cosiddetti Grandi del mondo occidentale. E nel momento di maggior crisi, con due guerre – tra le tante – di portata globale in corso, entrambe al centro di un’incessante predicazione di pace accompagnata dalla più intensa azione diplomatica messa in atto dalla Santa Sede negli ultimi tempi.

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Attraverso i leader Francesco ha incontrato un terzo del Pianeta

(Avvenire. Nello Scavo).

In un solo giorno papa Francesco ha dialogato con i capi di Stato di Paesi che contano oltre 2,3 miliardi di abitanti, quasi un terzo della popolazione della terra. Non tutti in sella, viste le recenti batoste elettorali incassate dal francese Macron, dal tedesco Scholz, fino a all’inglese Sunak e a Biden che si gioca la rielezione. E davanti a ciascuno Francesco ha percorso con le sue parole un atlante delle disuguaglianze lungo due direttrici opposte: la «cultura dell’incontro» come antidoto alla «cultura dello scarto». I colloqui si sono prolungati ben oltre il programma, con il pontefice che dopo alcuni scambi con il presidente turco Erdogan solo in tarda serata ha concluso i bilaterali con il presidente brasiliano Lula e l’americano Biden, dopo avere affrontato le leadership di quattro continenti. E davanti all’Occidente che affronta «l’eclissi del senso dell’umano», il Papa ha ricordato i nuovi rischi di «ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi».

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Il caso. Il G7 e l’aborto “sparito”, ecco cosa è successo veramente

(AVVENIRE. Redazione).

Fonti della Presidenza del G7 Italia precisano: «Nessuno Stato ha chiesto di eliminare il riferimento alle questioni relative all’aborto dalla bozza delle conclusioni del vertice G7» L’apertura del G7 è stata preceduta da un’increspatura al consenso unanime che sembra regnare tra i Grandi, a partire dal dossier “guerra in Ucraina”. A tenere il banco sui media è stata la controversia sul “diritto” all’aborto, anche se fonti della Presidenza del G7 Italia frenano: «Nessuno Stato ha chiesto di eliminare il riferimento alle questioni relative all’aborto dalla bozza delle conclusioni del vertice G7, così come riportato da alcuni organi di stampa in una fase in cui le dinamiche negoziali sono ancora in corso. Tutto quello che entrerà nel documento conclusivo sarà un punto di caduta finale frutto di un negoziato fra i membri G7». Secondo alcune fonti diplomatiche, nell’ultima bozza della dichiarazione finale del vertice di Borgo Egnazia sarebbe scomparso il punto nel quale i Sette sottolineavano l’importanza di garantire «un accesso effettivo e sicuro all’aborto», esprimendola in termini di di tutela dei «diritti riproduttivi», per passare, a quanto risulta da alcune ricostruzioni di stampa, al concetto di «diritto fondamentale all’aborto». Il riferimento doveva rafforzare ulteriormente – su richiesta soprattutto di Francia e Canada – il comunicato finale del G7 di Hiroshima di un anno fa, che parlava appunto di «accesso legale e sicuro». Nessun passo indietro sostanziale, insomma. Fonti della presidenza italiana hanno precisato che gli sherpa, al lavoro in Puglia già da lunedì, stanno ancora trattando e che «tutto quello che entrerà nel documento conclusivo sarà un punto di caduta finale frutto dei negoziati». Nessuno dei Sette, hanno quindi sottolineato le fonti italiane replicando alle indiscrezioni trapelate su «organi di stampa», ha chiesto di «eliminare» alcunché sull’aborto, mentre nella bozza resta invece il riferimento al gender equality.

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Il Papa: i signori della guerra, potenti per il mondo, miserabili secondo Dio

(Avvenire. Ricardo Maccioni).

Leggendo e meditando il Vangelo lo diciamo spesso, ma nella vita quotidiana lo dimentichiamo quasi sempre: i poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio. E ce l’hanno al punto che il Padre è impaziente fino a quando non ha reso loro giustizia. Questo concetto è il filo conduttore del Messaggio del Papa per l’VIII Giornata mondiale dei poveri, in programma il 17 novembre prossimo. Tema della riflessione di Francesco, tratta dal Libro del Siracide, è “La preghiera del povero sale fino sa Dio”. E se questo è vero, e naturalmente lo è, «abbiamo bisogno di fare nostra la preghiera dei poveri e pregare insieme a loro», spiega il Pontefice. Specie in quest’anno, il 2024, dedicato alla preghiera in preparazione al Giubileo del 2025, si tratta di «una sfida che dobbiamo accogliere e un’azione pastorale che ha bisogno di essere alimentata».

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Il G7 e l’aborto “sparito”, ecco cosa è successo veramente

(Avvenire. Redazione).

L’apertura del G7 è stata preceduta da un’increspatura al consenso unanime che sembra regnare tra i Grandi, a partire dal dossier “guerra in Ucraina”. A tenere il banco sui media è stata la controversia sul “diritto” all’aborto, anche se fonti della Presidenza del G7 Italia frenano: «Nessuno Stato ha chiesto di eliminare il riferimento alle questioni relative all’aborto dalla bozza delle conclusioni del vertice G7, così come riportato da alcuni organi di stampa in una fase in cui le dinamiche negoziali sono ancora in corso. Tutto quello che entrerà nel documento conclusivo sarà un punto di caduta finale frutto di un negoziato fra i membri G7». Secondo alcune fonti diplomatiche, nell’ultima bozza della dichiarazione finale del vertice di Borgo Egnazia sarebbe scomparso il punto nel quale i Sette sottolineavano l’importanza di garantire «un accesso effettivo e sicuro all’aborto», introducendo, a quanto risulta da alcune ricostruzioni di stampa, il concetto di «diritto fondamentale all’aborto». Il riferimento doveva rafforzare ulteriormente – su richiesta soprattutto di Francia e Canada – il comunicato finale del G7 di Hiroshima di un anno fa, che parlava appunto di «accesso legale e sicuro».

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Il Papa: omelie brevi, se no la gente si addormenta

(Avvenire. Gianni Cardinale).

Le omelie devono essere brevi, massimo di otto minuti, «altrimenti la gente si addormenta e ha ragione». E ciascuno dovrebbe sempre avere con sé un Vangelo tascabile in modo da poterne leggere un brano ogni giorno, questo «è importante per la vita». Lo ha ribadito Papa Francesco nel corso dell’Udienza Generale di questa mattina in Piazza San Pietro, rinnovando l’appello per la pace nella «martoriata Ucraina», in Israele e Palestina, in Myanmar. Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il nuovo ciclo di catechesi “Lo Spirito e la Sposa. Lo Spirito Santo guida il popolo di Dio incontro a Gesù nostra speranza”, ha incentrato la sua riflessione sul tema «Tutta la Scrittura è ispirata da Dio». Conoscere l’amore di Dio dalle parole di Dio.

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Il Papa all’aspirante seminarista gay: avanti con la tua vocazione

(Avvenire. Redazione Catholica).

L’invito è ad «andare avanti» con la sua ricerca vocazionale. Il Papa risponde con un biglietto scritto di proprio pugno alla mail che, attraverso il quotidiano “Il Messaggero”, gli aveva inviato un aspirante seminarista. Nel messaggio elettronico, il 22enne Lorenzo Michele Noè Caruso rivela di essere stato escluso dal Seminario perché aveva dichiarato di essere omosessuale. In questo senso l’espressione irrituale usata da Francesco nel dialogo a porte chiuse con i vescovi italiani («c’è già troppa frociaggine») l’aveva sentita come una ferita. Adesso la risposta del Papa arriva invece come una carezza. Nella mail Caruso parlava di “clericalismo tossico ed elettivo” e a questo argomento il Pontefice dedica una riflessione. «Tu sai che il clericalismo è una peste? – scrive Francesco secondo quanto riportato dal Messaggero -. È una brutta mondanità e, come dice un grande teologo, “la mondanità è il peggio che può accadere alla Chiesa, peggio ancora che il tempo dei Papi concubinari”. Gesù chiama tutti, tutti. Alcuni pensano alla Chiesa come a una dogana e questo è brutto. La Chiesa deve essere aperta a tutti. Fratello, vai avanti con la tua vocazione». E ancora: «Prego per te, per favore fallo per me (ne ho bisogno). Che il Signore ti benedica e la Madonna ti custodisca. Fraternamente, Francesco».

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Papa: «Nei migranti assetati e provati incontriamo il Signore»

(Avvenire. Mimmo Muolo).

Vedere nei migranti Cristo stesso e farsi buoni samaritani nei loro confronti. È questo l’invito che il Papa ripete nel Messaggio per la 110a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 29 settembre 2024, sul tema: “Dio cammina con il suo popolo”. «L’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno – scrive infatti Francesco -, «è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito». Il Pontefice ricorda anche che ogni cristiano può essere considerato un migrante, perché in viaggio verso la Patria celeste. E facendo riferimento al Sinodo di ottobre prossimo ricorda. «L’accento posto sulla sua dimensione sinodale permette alla Chiesa di riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo “migrante” verso il Regno dei cieli. Viene spontaneo il riferimento alla narrazione biblica dell’Esodo, che presenta il popolo d’Israele in cammino verso la terra promessa: un lungo viaggio dalla schiavitù alla libertà che prefigura quello della Chiesa verso l’incontro finale con il Signore«. Il parallelo tra l’Esodo e i viaggi odierni dei migranti è infatti uno dei punti forti del Messaggio. «Le due immagini – quella dell’esodo biblico e quella dei migranti – presentano diverse analogie – spiega Francesco -. Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo. Come gli ebrei nel deserto, i migranti trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione».

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Il Papa: le strade ridotte a macerie tornino a profumare di pane fresco

(Avvenire. Mateo Liut).

Ogni giorno «troppe strade, forse una volta odorose di pane sfornato», vengono ridotte «a cumuli di macerie a causa della guerra, dell’egoismo e dell’indifferenza». Ecco perché è «urgente riportare nel mondo l’aroma buono e fresco del pane dell’amore, per continuare a sperare e ricostruire senza mai stancarsi quello che l’odio distrugge». È ancora una volta la voce di papa Francesco a lanciare un forte appello perché cessi immediatamente la violenza dei numerosi conflitti in corso in diverse aree del pianeta. Un nuovo monito pronunciato nel corso dell’omelia, durante la Messa del Corpus Domini presieduta ieri pomeriggio nella Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma. E al termine della celebrazione si è svolta la processione su via Merulana fino a Santa Maria Maggiore: l’ostensorio con il Santissimo è stato portato, quindi, lungo le vie della capitale. Un gesto il cui significato è stato ricordato dello stesso Francesco al termine dell’omelia: «Non lo facciamo per metterci in mostra, e neanche per ostentare la nostra fede, ma per invitare tutti a partecipare, nel Pane dell’Eucaristia, alla vita nuova che Gesù ci ha donato».

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Il monastero benedettino di Norcia diventa abbazia: cosa significa

(Avvenire. Ricc. Macc).

Norcia, la cittadina umbra patria di san Benedetto, torna ad avere un abate dopo oltre tre secoli, per la precisione dal 1792 quando morì dom Benedetto Cipriani. A interrompere la lunga attesa, un decreto dello scorso 25 maggio che ha elevato il monastero benedettino della città umbra ad abbazia. A guidarla sarà dom Benedetto Nivakoff, già priore della comunità monastica maschile, eletto al nuovo incarico martedì scorso 28 maggio. «Questa elevazione canonica conferisce onore e dignità alla comunità monastica proprio mentre celebra il suo venticinquesimo anniversario di fondazione», ha sottolineato Nivakoff subito dopo l’elezione. Come noto tra monastero e abbazia c’è differenza. Il monastero è l’edificio in cui vivono monache e monaci sotto la guida di una badessa o di un priore.

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La Chiesa offre collaborazione contro tutti gli abusi sui minori

(Avvenire. Pino Ciociola).

L’arma vincente è in una parola: collaborazione. Oppure per i più piccoli andrà peggio, sempre peggio. «Non saremo quieti finché esisterà anche un solo caso» di qualsiasi violenza, ha detto monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei e arcivescovo di Cagliari, ieri, al convegno “Abusi sui minori. Una lettura del contesto italiano (2001-2021)”, organizzato dalla Cei in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Sottolineando poi «lo sforzo importante per radicare sul territorio gli strumenti efficaci» e «per il riconoscimento e il contrasto alla pedofilia e agli abusi». Cultura da promuovere. Cioè, da 7.700 persone incontrate nelle diverse iniziative sul territorio nel 2020 a 23.188 nel 2022, dai 48 contatti presso i centri di ascolto nel 2020 ai 374 nel 2022). Morale? «Il contrasto agli abusi passa attraverso la promozione di una cultura», ha detto monsignor Baturi. Ed «è fondamentale la partecipazione di tutte le componenti del popolo di Dio e la collaborazione con le autorità e i soggetti della società civile». La Chiesa del resto non si limita, sul tema degli abusi – ha continuato monsignor Luis Manuel Alí Herrera, segretario della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori -, alle denunce previste dal canone 1398 del Codice di Diritto canonico, ma assume una responsabilità congiunta per tutti i casi relativi a minori o a situazioni di violenza, ampliando l’efficacia della prevenzione e collaborando proficuamente con le autorità civili».

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