A Roma il Crocifisso di Dalí, ispirato da Giovanni della Croce

(La nouva Bussola. Margherita del Castillo),

Da ieri e fino al 23 giugno, nella chiesa romana di San Marcello al Corso, l’esposizione del Cristo di Dalí. Esposta accanto anche l’opera di san Giovanni della Croce da cui l’artista catalano trasse ispirazione. La chiesa di San Marcello al Corso ha origini molto antiche: se ne fa cenno la prima volta in un documento ufficiale del 418, in occasione dell’elezione al soglio pontificio di Bonifacio I. Un incendio nel 1519 distrusse quel primitivo edificio e la ricostruzione venne affidata, negli anni, ad architetti del calibro di Jacopo Sansovino, Antonio da Sangallo il Giovane e Carlo Fontana. Loro compito fu ripensare, ricreare, definire le forme dello scrigno che contenesse la Croce miracolosa, unico oggetto sopravvissuto alla furia del rogo, con cui il popolo romano debellò la Grande Peste cinquecentesca, portando la stessa Croce in processione per le vie della città nonostante le avverse disposizioni delle autorità dell’epoca. Non poteva, dunque, essere selezionata scenografia migliore per accogliere il terzo appuntamento della rassegna I Cieli Aperti che, attraverso la bellezza, ha lo scopo di condurci verso l’apertura dell’imminente Giubileo del 2025. Due, a questo punto, sono i personaggi che entrano in gioco e accompagnano i fedeli visitatori lungo il percorso, non solo espositivo. Cominciamo dal più insospettabile, visto e considerato il contesto così sacro: Salvador Dalí, l’eccentrico e sovversivo maestro catalano, indiscusso protagonista dell’avanguardia surrealista, a tutti noto per le oniriche stravaganze tanto nella vita quanto nell’arte. È suo il dipinto scelto per questa occasione, fatto arrivare eccezionalmente dal Kelvingrove Art Gallery and Museum di Glasgow: un’opera che risale agli anni del secondo dopoguerra (precisamente al 1951) che vedono il pittore avvicinarsi, non senza un certo tormento, al cattolicesimo e a una fede mai veramente sentita ma di cui Dalí arrivò a riconoscere la ragionevolezza. Si tratta di una Crocifissione che sorprende per il punto di vista da cui il pittore osserva e registra la scena: non frontale e non, come di consueto, da sotto in su. Piuttosto dall’alto, dal cielo, quel cielo che la sua «anima ebbra d’assoluto ha cercato durante tutta una vita». È il punto di vista di Dio Padre, la cui presenza illumina la Croce e non solo quella perché, dal buio su cui si staglia il Figlio, i raggi cadono sulla terra sottostante, meglio, sullo specchio d’acqua dove una semplice imbarcazione e due pescatori rimandano, probabilmente, alla Chiesa e alla sua missione.

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