Il Dicastero per il Culto Divino dice no al Vetus Ordo in cattedrale

(Silere non possum).

Negli scorsi mesi l’Arcivescovo di Melbourne, S.E.R. Mons. Peter Andrew Comensoli ha inviato al Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti una richiesta di un decreto, come previsto dal Motu Proprio Traditionis Custodes, che autorizzasse la celebrazione eucaristica con il Missale Romanum del 1962 in diversi luoghi dell’Arcidiocesi. 

La risposta del Segretario del Dicastero, Mons. Vittorio Francesco Viola, è emblematica e spiega chiaramente qual è il fine del Motu Proprio Traditionis Custodes, documentoche ha creato molta divisione all’interno della Chiesa Cattolica. Piuttosto che unire, infatti, si è scelto di procedere esacerbando le posizioni di chi interpreta in malo modo il Concilio Vaticano II e di chi addirittura lo disconosce. È sorprendente come Viola, formato alla scuola dell’Aventino, citi il Cerimoniale dei Vescovi per ribadire come “la manifestazione preminente della Chiesa locale (…) quando il Vescovo, come sommo sacerdote del suo gregge, celebra l’Eucaristia e in particolare quando celebra nella Cattedrale, circondato dal suo collegio di presbiteri e dai suoi ministri, e con la piena e attiva partecipazione di tutto il popolo santo di Dio”. Per fortuna, ogni tanto, qualcuno se ne ricorda. Il problema è che questo viene utilizzato per dire che la Messa antica non si può celebrare in cattedrale proprio perchè la celebrazione del vescovo deve essere esemplare. C’è da chiedersi: quindi, quando i vescovi celebrano secondo un rito non meglio precisato che vorrebbe scimmiottare quello di San Paolo VI, nessuno si scandalizza? Quando ci sono vescovi che commettono abusi liturgici e promuovo la sciatteria, nessuno osa scrivere due righe? 

Mentre Benedetto XVI tentò di far comprendere che questi due riti potevano convivere serenamente nella Chiesa – senza dimenticare che il pontefice tedesco aveva in cuore la speranza di vedere un nuovo rito che valorizzasse tutte le cose positive sia del vecchio messale che di quello nuovo – oggi, al contrario, si lavora per arginare coloro che sono legati a questo rito e se ne parla in termini di “rieducazione forzata”. 

È vero che ci sono alcuni gruppi legati al rito antico che sono legati solo alla forma, spesso criticano il Papa e disconoscono il Concilio Vaticano II ma è altrettanto vero che ci sono gruppi, certamente legati al rito nuovo, che parlano di: ordinazione delle donne (che è un delitto canonico), eliminazione del celibato sacerdotale, comunione ai divorziati e risposati e altre follie varie. Il problema, quindi, non è il rito in sé ma ciò che le persone professano, ma se ci mettiamo a fare le pulci alle convinzioni teologico-morali dei singoli, ci sarebbero da abolire innumerevoli riti. 

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