Padre Martin e don Guarinelli: Papa Francesco non ha chiuso la porta ai gay ma agli eccessi esibizionistici

(Faro di Roma. S.C.).

Nella mente di Papa Francesco, che ha sempre combattuto le “dogane pastorali” che escludono le persone diverse dalla comunione ecclesiale, l’espressione “frociaggine” non voleva dileggiare l’universo LGBT ma mettere in guardia dal rischio di un’ esibizionismo privo di rispetto per gli altri. Diversi preti di frontiera, gli stessi che nei mesi scorsi avevano spiegato e difeso l’apertura alle benedizioni delle coppie irregolari, hanno cercato senza successo di chiarirlo in questi giorni. Tra loro il gesuita James Martin (con il Papa nella foto), il quale ha detto di aver conosciuto “centinaia” di preti gay nella sua vita da religioso.
“Nei miei venticinque anni come sacerdote e quasi quaranta come gesuita, ho conosciuto centinaia di preti gay santi, fedeli e celibi”, ha scritto padre Martin su X. “Sono stati i miei superiori, i miei insegnanti, i miei confessori, i miei mentori, i miei direttori spirituali e i miei amici”. L’ordine dei gesuiti è noto per avere una percentuale notevolmente elevata di membri omosessuali, il che rende non sorprendente che padre Martin abbia avuto preti gay come superiori, confessori, mentori, insegnanti e direttori spirituali. Per i cattolici, ha continuato padre Martin, i preti gay hanno “celebrato messe per voi, battezzato i vostri figli, ascoltato le vostre confessioni, vi hanno fatto visita negli ospedali, hanno presieduto ai vostri matrimoni e hanno seppellito i vostri genitori. La Chiesa sarebbe incommensurabilmente più povera senza di loro”. Di questo è convinto anche il Papa che, interrogato dal padre gesuita sul tema dei fedeli omosessuali che si sono sentiti rifiutati dalle loro parrocchie, due anni fa ha precisato: “Vorrei che lo riconoscessero non come il rifiuto della Chiesa, ma piuttosto di persone nella Chiesa. Una Chiesa selettiva, di sangue puro, non è la Santa Madre Chiesa, ma piuttosto una setta”.

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