Così a Gaza muore il giornalismo occidentale: l’adesione alla narrativa israeliana è totale

(iLFattoQuotidiano. Ranieri Salvadorini)

Con il mito della democrazia occidentale, a Gaza muore anche quello del “grande giornalismo”. The Intercept ha analizzato “termini chiave” in oltre mille articoli (New York Times, Washington Post, Los Angeles Times), tra 7 ottobre e il 29 novembre: ne emerge un’adesione acritica alla narrativa israeliana e un pregiudizio anti palestinese e deumanizzante ancora più evidente nei tre principali media via cavo (Cnn, Msnbc e Fox), conclude The Column. Le voci palestinesi? Assenti da 50 anni. Bambini e no “Cimitero dei Bambini” è la definizione delle Nazioni Unite che forse meglio coglie la specificità del genocidio in corso, ma sulla stampa statunitense scompare – tra slittamenti semantici e omissioni. L’Intercept rileva che “solo due titoli degli oltre 1.100 articoli contenuti nello studio menzionano la parola “bambini” in relazione ai bambini di Gaza”.

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Gli israeliani festeggiano il Jerusalem Day, i palestinesi ricordano l’occupazione. Per gli ebrei pacifisti è difficile stare nel mezzo

(Il Fato Quotidiano. Elena Rosselli).

Gli israeliani lo chiamano il ‘Giorno di Gerusalemme’, per i palestinesi è il giorno che, 57 anni fa, segnò irreversibilmente l’occupazione. Così, mentre a Gaza la guerra continua e rischia anche di allargarsi al Libano, nella Città Vecchia va in scena la ‘Marcia delle bandiere’, un corteo formato da migliaia di nazionalisti ebrei, molti giovanissimi, che partendo dalla Porta di Damasco irrompono nella parte araba di Gerusalemme per festeggiare la “vittoria” del 1967. l riferimento storico infatti, è la Guerra dei sei giorni, quando l’esercito israeliano occupò il Sinai egiziano, la Striscia di GazaGerusalemme Est, la Cisgiordania e le alture del Golan siriano. Non è una ricorrenza di cui si parla, ma si tratta di un evento bellico che ha cambiato per sempre il rapporto tra israeliani e palestinesi, a favore dei primi.

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