Vaticano, delitto di scisma: i casi più noti

(LAPRESSE. Redazione)

Monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, ha più volte criticato l’operato di Papa Francesco. Per questo motivo è accusato di scisma e il dicastero per la Dottrina della Fede ha convocato il 20 giugno l’ex nunzio invitandolo a presentarsi “per prendere nota delle accuse e delle prove” a suo carico. Il delitto di scisma – ossia un chiaro e netto distacco di comunità di fedeli dalla Chiesa cattolica, motivato da divergenze dottrinali o da dissensi con la sua gerarchia – è uno dei tre delitti ‘contra fidem’, insieme a eresia e apostasia. A occuparsi di questi delitti è la Congregazione per la Dottrina della Fede che “a norma dell’art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, giudica, ai sensi dell’art. 2, i delitti contro la fede” e “previo mandato del Romano Pontefice” ha “il diritto di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi, nonché le altre persone fisiche”. In dettaglio, il delitto di scisma viene definito nel diritto canonico come “il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti” (can. 751 CIC). Si tratta dunque di un delitto non contro verità di fede come per l’eresia e l’apostasia, ma il negare il primato Papa o altre cause riguardanti direttamente l’unità della Chiesa cattolica. La pena prevista per questi delitti è la scomunica latae sententiae (a norma del can. 1364 CIC), fermo restando la rimozione dall’ufficio in caso di chierici (can. 194 º1 n.2). Qualunque fedele quindi può essere accusato di scisma. Ma nel caso in cui l’accusa sia rivolta a un religioso, la pena prevista è la scomunica o la dimissione dallo stato clericale.

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